Evidentemente fa intrinsecamente parte del suo programma elettorale e della sua vocazione politica ridurre a zero la vita nascente, se tra gli impegni che Kamala Harris ha promesso di portare avanti, qualora venisse eletta, c’è quello di vietare qualunque forma di obiezione verso l’aborto, per qualunque motivo, compresa la fede. Peraltro, la Harris, ha sottolineato anche che non farà alcuna concessione ai repubblicani su questo.
Il contesto in cui ha proferito queste ferali parole è stata un’intervista rilasciata lo scorso martedì, quando Hallie Jackson di NBC News le ha chiesto quali concessioni era disposta a fare, sull’interruzione di gravidanza in merito alle leggi federali sull’aborto.
Chiarissima la sua risposta: «Non credo che dovremmo fare concessioni quando parliamo di una libertà fondamentale, quella di prendere decisioni sul proprio corpo». Ma Jackson l’avrebbe incalzata chiedendo se sarebbe stata disposta a tendere “un ramoscello d’ulivo” ai repubblicani moderati che considerano l’aborto legittimo, ma non sostengono tutte le politiche sull’aborto di Harris. Ma anche stavolta la vicepresidente avrebbe respinto la proposta, dicendo che l’aborto “non può essere negoziabile”.
Eppure, al contrario, proprio il diritto alla vita ci risulta essere tra i principi non negoziabili, ma evidentemente la Harris deve avere le idee non chiare, se ha continuato a sostenere la sua tesi affermando: «Non ho intenzione di impegnarmi in alcuna ipotesi perché potrebbero profilarsi una varietà di scenari. Cominciamo con un fatto fondamentale: una libertà essenziale è stata tolta alle donne d’America, la libertà di prendere decisioni sul proprio corpo. E questo non può essere negoziabile, ovvero dobbiamo ristabilire le garanzie della Roe v. Wade».
Dunque, il suo tentativo “democratico”, sarà quello di imporre l’aborto su richiesta in tutti i 50 Stati americani, calpestando anche le obiezioni legate alla libertà religiosa. Ma tutto ciò è coerente con il suo operato da senatrice, nel 2019, quando avrebbe introdotto il Do No Harm Act, allo scopo di ridimensionare la possibilità di esercitare l’ obiezione sull’aborto, come esercizio legittimo della propria libertà religiosa.
La proposta di legge, che fortunatamente non è riuscita a superare la Commissione Giustizia del Senato, prevedeva che i datori di lavoro credenti non venissero esentati dal coprire “qualsiasi servizio sanitario” richiesto dalla legge federale. Ciò avrebbe eliminato qualunque obiezione per motivi di fede riguardo la pratica dell’aborto, la contraccezione e gli interventi chirurgici sui transgender.
Tutto ciò risulta perfettamente coerente con le politiche dell’amministrazione Biden-Harris degli ultimi quattro anni. In particolare, nel 2022 il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani ha promulgato una norma che cercava di costringere tutti gli ospedali, compresi quelli cattolici, a fornire aborti, se costituivano un “trattamento stabilizzante” ai sensi dell’ Emergency Medical Treatment and Labor Act (EMTALA). Questa regola è stata bloccata dalla Corte d’Appello degli Stati Uniti, mentre la Corte Suprema ha rifiutato di ascoltare l’appello dell’amministrazione.
Dunque, non sarebbe la prima volta che Harris arriva ad usare il suo potere politico per calpestare i diritti degli americani credenti. Ricordiamo anche che durante questa sua corsa verso la presidenza, si è rifiutata di sconfessare l’aborto tardivo, che è già legale in diversi stati, purtroppo.
Foto: Imagoeconomica
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