Mi è già capitato di occuparmi di personaggi di spicco del mondo cattolico argentino assassinati da quel terrorismo guerrigliero imperversante nel paese nel corso degli anni ’70, approfondendo in particolare la figura del filosofo Carlos Alberto Sacheri (1933-1974), la cui notorietà oltrepassò in parte i patri confini, pur rimanendo isolata ad una ristretta cerchia di specialisti.
Altra importante figura, che con Sacheri condivise la passione ardente per la filosofia oltre che la tragica sorte, fu quella di Jordan Bruno Genta (1909-1974), filosofo, scrittore ed esponente di punta di quel filone di pensiero politico argentino denominato nacionalismo catòlico.
Nato il 2 ottobre 1909 a Buenos Aires, secondogenito di Carlos Luis Genta e Carolina Coli. Il padre, anarchico, ateo e anticlericale, oltre a non farlo battezzare lo chiamò Jordan Bruno in omaggio al pensatore nolano Giordano Bruno (1548-1600), condannato a morte dall’Inquisizione. Non ebbe l’opportunità di conoscere sua madre, dato che ella morì quando lui era ancora un bambino.
Abbracciò l’ideologia marxista durante i suoi studi universitari alla facoltà di lettere e filosofia, e successivamente si sposò con Maria Lilia Losada col rito civile nel ’34. Diagnosticatagli la tubercolosi, dovette recarsi a Cordoba per curarsi, città nella quale ebbe l’occasione di meditare i classici greci di Platone e Aristotele. Guarito nel 1935 potette trasferirsi con la moglie a Paranà, dove lavorò come insegnante nell’Università Nazionale del Litoral, conoscendo in questa sede l’opera di San Tommaso d’Aquino tramite gli scritti di Jacques Maritain. Sarà grazie ai dibattiti sul Cattolicesimo con il suo amico e professore del Seminario Diocesano Juan Ramón Álvarez Prado che ottenne la Grazia di una conversione, la quale lo porterà a ricevere il Battesimo e a sposarsi religiosamente con la Losada nel 1940, a 31 anni di età. La sua Prima Comunione risale invece al 1952, quando di anni ne aveva 42. Costretto a dimettersi dall’insegnamento per la sua opposizione al governo di Juan Domingo Peròn, potrà tornare al suo posto di lavoro in seguito alla Revoluciòn Libertadora (golpe civico-militare che detronizzò Peròn) del 1955, arrivando a divenire rettore dell’Istituto Nazionale del Professorato.
Tra i suoi principali scritti si ricordino Libre examen y comunismo (1961), con il quale denunciò gli errori insiti alla visione del mondo marxista, e Guerra contrarrevolucionaria (1964), uno dei primi manuali trattanti l’argomento della lotta controrivoluzionaria destinato alle Forze Armate argentine.
Jordan Bruno Genta cadde assassinato da dei membri dell’organizzazione guerrigliera denominata Ejercito Revolucionario del Pueblo – 22 de agosto (la medesima che lo stesso anno uccise anche Sacheri) il 27 ottobre del 1974, domenica dedicata alla festività liturgica di Cristo Re. Quella domenica mattina stava uscendo con la famiglia dalla sua abitazione di Buenos Aires per recarsi a Messa, quando un guerrigliero appostato su un automobile aprì il fuoco, colpendolo undici volte per poi darsi alla fuga in macchina con i suoi complici. Di fronte alla sua vita, alla sua opera e soprattutto alla sua morte, risulta particolarmente veritiero il quadro descritto da chi, come Mario Caponnetto (parente dello scrittore cattolico argentino Antonio Caponnetto), lo conobbe di persona in un articolo scritto in occasione del centenario della sua nascita: “Genta fu maestro e allo stesso tempo fu testimone. […] Entrambe le cose, il magistero e la testimonianza, in lui furono ammirevolmente unite. Fu un vero maestro che portò la croce dell’insegnamento, e questa croce dell’insegnamento lo portò alla testimonianza, alla testimonianza suprema. Per questo, ogni volta che evoco tali caratteristiche della personalità di Jordan, ricordo anche Sant’Agostino quando disse che Cristo ha fatto della Croce la cattedra. Il Verbo Crocifisso è cattedra. La Croce è cattedra, dice Sant’Agostino.
In definitiva, Genta portò fino alla fine la missione dell’insegnamento perché fu vero maestro: insegnò dalla Croce e Dio lo fece testimone. Insegnò ai piedi della Croce e il Signore lo colmò, lo cinse con la corona della testimonianza suprema che è quella della vita, quella del sangue”.