In America chi lo conosceva dice che era un santo. Parliamo di Joseph Mario Reali, per tutti Joe, morto improvvisamente il 16 gennaio del 2015 per un’anomalia genetica cardiaca, poco prima del suo ventiseiesimo compleanno.
Esteriormente Joe era un ragazzo come tanti: amava giocare a football, era circondato da amici ed era impegnato negli studi. Eppure questo giovane muscoloso e sorridente si distingueva per un’altra caratteristica: la sua salda fede cattolica.
Una fede vissuta nella quotidianità, con la partecipazione quotidiana alla Santa Messa e con la confessione frequente, ma anche attraverso l’attenzione verso le persone che aveva accanto e la propensione a coltivare la vita familiare. Non per niente il suo motto era: «Dio, famiglia e football». E una fede “testimoniata” e trasmessa anche agli amici, che Joe incoraggiava a camminare secondo gli insegnamenti della Chiesa.
In una delle foto pubblicate sulla pagina Facebook a lui dedicata, si vede Joe sorridente, con le braccia allargate e con addosso un paio di occhiali da sole; ma c’è un dettaglio che non passa inosservato: Joe indossa un braccialetto con la scritta «God is love», «Dio è amore». Una verità che è stata riportata anche sulla sua tomba, in forma estesa: «Dio è amore, e colui che dimora nell’amore dimora in Dio, e Dio in lui» (1 Gv 4,16).
Tante altre sono le informazioni che i suoi familiari hanno voluto riportare sulla sua lapide, per rendere testimonianza dei perni sui quali Joe aveva fondato la sua vita. Riprendiamo dalla pagina Facebook: «[…] c’è una scultura della Sacra Famiglia (Gesù tiene il calice con l’Ostia – Joe si comunicava quotidianamente). Accanto, un angelo tiene uno scapolare (Joe ne aveva una collezione) e un altro angelo tiene un rosario (Joe amava il Rosario). In alto la scritta: “Confessione-Eucaristia-Rosario“» […], perché Joe era convinto che fossero queste le cose che era necessario curare per arrivare in Paradiso. Ancora: «La Sacra famiglia sulla lapide di Joe fu scelta non solo per via del suo grande amore verso Gesù, Maria e San Giuseppe, ma anche perché la mattina della sua morte, uscendo da Messa con la madre, Joe si era fermato davanti a una vetrina di oggetti religiosi perché era stato attirato da una Santa Famiglia e aveva chiesto a sua madre se poteva acquistarlo come regalo per il suo compleanno, che sarebbe stato 12 giorni dopo».
Vi è chi paragona la storia di Joe Reali a quella del beato torinese Pier Giorgio Frassati (1901-1925), morto a soli 24 anni e che Giovanni Paolo II – quando lo beatificò il 20 maggio 1990 – descrisse con queste parole: «Certo, a uno sguardo superficiale, lo stile di Pier Giorgio Frassati, un giovane moderno e pieno di vita, non presenta granché di straordinario. Ma proprio questa è l’originalità della sua virtù, che invia a riflettere e spinge all’imitazione. In lui la fede e gli avvenimenti quotidiani si fondono armonicamente, tanto che l’adesione al Vangelo si traduce in attenzione amorosa ai poveri e ai bisognosi, in un crescendo continuo sino agli ultimi giorni della malattia che lo porterà alla morte. Il gusto del bello e dell’arte, la passione per lo sport e la montagna, l’attenzione ai problemi della società non gli impediscono il rapporto costante con l’Assoluto».
Qui sotto il video prodotto da “The Knights of Columbus” per raccontare la storia di Joe Reali.
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