«La libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza, l’individuo munito di pene che ti ha violentata è una donna». Ha confezionato un tweet di assonanze orwelliane, la scrittrice britannica J.K Rowling, per rilanciare nelle scorse ore la sua battaglia contro l’ideologia transgender secondo cui non esisterebbero maschi e femmine ma solo chi maschio o femmina «si sente». L’esito di tale impostazione, allorquando viene fatta propria dagli ordinamenti giuridici, è che alle forze dell’ordine tocca registrare come «donne» anche stupratori che, di fatto, sono biologicamente maschi.
Infatti a dare lo spunto al tweet della Rowling è stato proprio un articolo di giornale, precisamente del Times – che la scrittrice ha allegato al suo cinguettio – contenente dure critiche alla polizia scozzese, che prenderà a registrare gli stupri da parte di individui con genitali maschili come commessi da una donna, se l’aggressore «si identifica come una donna». Nonostante gli oltre 100.000 apprezzamenti ottenuti dalla “mamma” di Harry Potter, parecchie sono state le critiche vibrate dagli attivisti Lgbt contro di lei. Che però, ecco il punto, non pare affatto intenzionata a mollare la presa.
Dopotutto, è da ormai due anni – precisamente dal dicembre 2019, quando annunciò il suo sostegno a Maya Forstater, una ricercatrice licenziata per aver affermato il primato del sesso biologico – che la Rowling ha intrapreso questa battaglia, senza mai tornare sui suoi passi. Il che è notevole dal momento che altre celebri scrittrici, davanti alle critiche del mondo Lgbt, hanno immediatamente fatto dietrofront.
Si pensi a quanto accaduto lo scorso mese di ottobre alla leggendaria Joyce Carol Oates, 83 anni, oltre 100 libri all’attivo e montagne di premi letterari vinti e da una vita in odore di Nobel, la quale dopo aver osato criticare il «they», il pronome bandiera delle frange transgender più battagliere, è tornata immediatamente sui suoi passi: «Sono felice di usare il “they se il contesto lo richiede e mi viene chiesto di farlo. La lingua si evolve». Ecco, un dietrofront così spettacolare J.K. Rowling difficilmente ormai lo farà. Per più motivi, almeno tre.
Anzitutto, quello che si è già detto. La celebre scrittrice conduce la sua battaglia da tempo e considera le critiche ricevute, ormai, come medaglie. «Dovrebbero riflettere sul fatto che ho ricevuto così tante minacce di morte», ha dichiarato nelle scorse settimane, «che potrei tappezzare la casa ma non ho smesso di parlare».
Un secondo motivo per cui verosimilmente la “mamma” di Harry Potter tiene duro è che, di fatto, se lo può permettere. Non esistono stime precise, ma c’è chi ipotizza che il patrimonio personale di J.K. Rowling possa superare anche il miliardo di dollari. Figurarsi, con un simile tesoro alle spalle, quali concrete preoccupazioni possa avere la scrittrice di fronte al pur preoccupante odio dal quale è bersagliata.
In terzo luogo, è verosimile che la bestsellerista continui a condurre la propria battaglia sentendo su di sé la vicenda di donne che, a differenza sua, non hanno le spalle tanto larghe, per così dire. Il pensiero corre, per esempio, a Kathleen Stock, filosofa femminista e lesbica che poche settimane fa – dopo mesi di minacce, petizioni, perfino marce con torce e passamontagna – ha lasciato il suo posto di lavoro, una cattedra all’Università del Sussex. Il motivo della persecuzione contro di lei? Ma sempre lo stesso: l’aver affermato che maschi e femmine, anzitutto, si nasce.
Una convinzione basata sulla realtà, propria di tutte le persone di buon senso e rispetto alla quale, fortunatamente, una star di prima grandezza come J.K Rowling non sembra disposta a transigere. Costi quel che costi.
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