La diffusione degli ultimi indicatori demografici dell’Istat conferma, purtroppo, quello che i lettori del Timone di marzo, attraverso l’intervista al presidente dell’istituto, Gian Carlo Blangiardo, avevano saputo in anteprima: nel 2021, in Italia, le nascite sono scese sotto al minimo storico, fermandosi a 399.400 unità e facendo così segnare uno sconfortante -1,3% sul 2020, già annata tutt’altro che rosea. Tuttavia, una volta tanto, si scorge anche qualche segnale di ripresa.
Nelle 20 pagine del report Istat, infatti, la parola «ripresa» ritorna ben sette volte. Non accadeva da tempo. «Segnali di ripresa della natalità sono arrivati sul finire dell’anno», si legge, e «segnali di ripresa provengono dalla nuzialità. Nel 2021 si è quasi tornati alla normalità grazie a 179 mila celebrazioni (3 per mille abitanti), quando nel 2020 se ne riscontrarono appena 97 mila (1,6 per mille)». Tutto questo alimenta la speranza che il 2022 possa dare altri segnali positivi.
É l’Istat stesso a credere tale possibilità: «Stante il positivo legame tra nuzialità e intenzioni riproduttive, considerato che tutt’oggi nel Paese almeno i due terzi delle nascite hanno origine all’interno del nucleo coniugale, la ripresa della nuzialità del 2021 potrebbe sottintendere un parziale recupero di nascite nel 2022». Condivisibile, in queste parole, anche un concetto spesso trascurato, ossia «il positivo legame tra nuzialità e intenzioni riproduttive». Più matrimoni uguali più nati, insomma. Chissà che anche nei palazzi della politica il concetto venga compreso.
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