Il dato che si porta dietro questa settimana che volge al termine è che, almeno per ora, il Ddl Zan giace in una situazione di stallo, e questo soprattutto in virtù della richiesta di Italia Viva di apportare delle modifiche al testo per poter poi giungere a un’intesa. La partita non è dunque assolutamente chiusa, tuttavia la questione non è filata via liscia come l’olio come si auguravano i fautori della legge e il mondo Lgbt.
Ad ogni modo, tutto attorno alla politica, e soprattutto nel mondo dei social, ancora non si è spento l’eco della campagna lanciata da Vanity Fair a sostegno della nuova legge (ne parlavamo qui), sotto l’hashtag #DiamociUnaMano, che ha visto l’adesione massiccia di personalità molto note, dal mondo della musica a quello dello spettacolo, dai politici ai giornalisti, passando per le tante persone comuni che hanno deciso di prendere pubblicamente posizione.
Ma se questa è la posizione che ha avuto maggior visibilità, non vuol dire che sia anche la maggiormente condivisa. Anzi, spesso è vero proprio l’esatto contrario. Anche perché sempre più persone, note e meno note, appartenenti anche a fazioni politiche o mondi culturali agli antipodi e su tanti temi contrapposti, si stanno rendendo conto dei rischi insiti nel Ddl Zan. Un Ddl che va a minare la libertà di opinione e di pensiero, seppur portate ovviamente avanti nel rispetto della dignità di ogni singola persona, tanto che i rischi di vedersi “silenziati” sono molto concreti, e rischiano di essere pesanti.
Facendo un balzo al di là dell’Oceano, fino a raggiungere la Colombia, attorno a questo tema apprendiamo la storia dell’influencer Erika “Kika” Nieto, classe 1993, finita sotto il mirino della Lobby Lgbtq+ per aver espresso la propria opinione, in un registrato del 2018 in cui rispondeva alle domande dei suoi follower, rispetto al fatto che il matrimonio è solo tra un uomo e una donna. Queste le sue testuali parole: «Credo che Dio ci abbia creati tutti, e ha creato l’uomo e la donna in modo che l’uomo stia con la donna e la donna stia con l’uomo e basta. […] Quello che abbiamo fatto dopo, tra uomo a uomo e tra donna a donna, non credo sia giusto. Attenzione, però, lo tollero». Un discorso chiaro, in cui la giovane ha espresso con pacatezza la propria opinione, senza attaccare nessuno e anzi aggiungendo pure: «Attenzione, però, lo tollero».
Niente, per l’attivismo arcobaleno queste poche frasi sono state sufficienti per scagliarsi contro l’influencer. E i quasi 8 milioni di follower su YouTube, uniti ai 4,3 milioni su Instagram e a quelli sugli altri social non sono valsi alcuno sconto a “Kika”, che si è vista catapultata in un calvario giudiziario, che comprendeva anche un mandato d’arresto poi ritirato, che si protrae da oltre due anni. Rispetto a una prima denuncia, riporta Christianity Daily, «la Corte costituzionale del paese ha già stabilito che la dichiarazione di Nieto sul matrimonio è protetta dalla costituzione». Mentre una seconda denuncia, rispetto all’accusa che «il video era offensivo e discriminatorio», è stata accolta da un tribunale di grado inferiore, il quale «ha stabilito che il video contiene “incitamento all’odio” e ne ha ordinato la rimozione».
Accanto all’influencer, in questi lunghi mesi, oltre a tanti suoi fan, sono state importanti le azioni di sostegno della Ong colombiana Nueva Democracia, una piattaforma che difende la libertà di espressione, e dell’organizzazione legale cristiana Alliance Defending Freedom.
Pochi giorni fa, a seguito di un’altra “puntata” della vicenda, l’influencer ha pubblicato una nuova registrazione, nella quale afferma che sopportare il peso del processo è veramente impegnativo e chiede che venga revocata la censura rispetto al video incriminato. «Tutti dovrebbero essere liberi di condividere le proprie convinzioni in pubblico», ha rimarcato la Nieto, che sui suoi canali social ama esprimersi su tematiche controverse, appunto dal matrimonio, all’aborto, alla castità…. «Voglio essere autentica con i miei follower», ha quindi proseguito, «senza essere censurata o temere sanzioni penali solo per aver pubblicato un video».
Ecco, questi sono i fatti dalla Colombia. Se in Italia dovesse passare il Ddl Zan, il rischio di vedersi comminati reati simili solamente per aver espresso la propria rispettosa opinione in pubblico sarebbe molto concreto per chiunque. Con il risultato che a sopravvivere, come in un mondo di orwelliana memoria, sarebbe esclusivamente il pensiero opposto, in favore dei “nuovi diritti”, portato avanti da Fedez e compagni.
Inoltre, come s’intravvede anche nella storia di “Kika”, con ogni probabilità a risentire maggiormente del “bavaglio” della legge Zan sarebbero proprio coloro che, professando coerentemente la propria fede, decideranno di continuare a parlare: cosa succederà a quei consacrati e a quei laici che, in linea con il Magistero della Chiesa, continueranno a credere e a difendere il “sacramento grande” del matrimonio, come vincolo unico ed esclusivo tra un uomo e una donna? La fine della libertà religiosa è, infatti, l’altro lato della medaglia.
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