Il fondamentalismo indù continua a seminare violenza e la minoranza cristiana è uno dei principali bersagli delle persecuzioni, che si rivolgono anche contro i musulmani presenti in India e perfino contro gli stessi induisti. In particolare il fenomeno dei linciaggi pubblici, condotti da folle inferocite, sta assumendo dimensioni preoccupanti. «L’uomo comune del Paese si sente insicuro nel suo proprio Paese a causa dei crescenti casi di linciaggio da parte delle folle», ha scritto il 27 febbraio l’arcivescovo di Bhopal, Leo Cornelio, come riferisce la Catholic News Agency.
Cornelio ha spiegato che in molti dei linciaggi verificatisi negli ultimi tempi le vittime sono state accusate di mangiare carne bovina o di fare del male alle mucche, animali considerati sacri dall’induismo. Secondo l’arcivescovo «tutti i partiti politici e i leader religiosi dovrebbero essere uniti» nel condannare queste violenze e rendere possibile una pacifica convivenza. Il problema – come ha scritto il giornalista indiano Anto Akkara sulla Nuova Bussola – è proprio che sono le maggiori fazioni politiche, dal Partito del Popolo Indiano (al governo dal 2014) al Partito del Congresso (all’opposizione), ad alimentare questa «isteria per le vacche», con una serie di dichiarazioni retoriche e misure irresponsabili che hanno tra l’altro il fine di ingraziarsi le masse indù in vista delle elezioni che si svolgeranno in primavera.
Molti Stati indiani hanno reso illegale la macellazione delle mucche e ciò – unito a una propaganda, è il caso di dirlo, sempre più bestiale, alla quale non si sottraggono nemmeno alcuni giudici – fa sì che oggi i cosiddetti gau rakshaks, i «protettori delle vacche», si scaglino contro macellai o trasportatori di bovini, istigando le folle contro i poveri malcapitati, al di là della religione d’appartenenza di questi ultimi. Un esempio perfetto di quel che succede quando si inverte l’ordine della Creazione. I linciaggi finiscono spesso con degli omicidi, tant’è che il sito Internet di India Spend conta, dal 2012 a oggi, 125 episodi di violenza legati alla sacralizzazione delle vacche e 46 persone uccise. Un altro sito, The Quint, censisce 90 uccisioni considerando tutte le forme di linciaggio (connessi alle mucche, all’induismo in generale, a furti, ecc.) di cui si ha notizia dal 2015 in poi, da quando cioè è avvenuta un’impennata delle violenze, il cui simbolo è divenuto l’assassinio del musulmano Mohammed Akhlaq.
Solo per il gennaio di quest’anno sono stati documentati 29 «violenti attacchi da parte delle folle» contro i cristiani, come riferito dalle organizzazioni Alliance Defending Freedom (Adf) e United Christian Forum. E i linciaggi sono ‘solo’ una parte delle violenze subite dalla comunità cristiana. L’Adf rende noto che le persecuzioni consistono pure nell’interruzione di incontri di preghiera o altre riunioni di battezzati, in cui i fondamentalisti indù non risparmiano dal pestaggio nemmeno donne e bambini. Inoltre, l’organizzazione spiega che anche la polizia arresta non di rado pastori protestanti o sacerdoti con false accuse di aver provocato conversione forzate. «Nonostante il diritto alla libertà religiosa sia tutelato dalla Costituzione indiana, constatiamo tuttavia che i cristiani affrontano la persecuzione e la negazione dei loro diritti fondamentali», dice Paul Coleman, direttore esecutivo di Adf International. «Purtroppo, i recenti attacchi di massa», aggiunge Coleman, «non sono incidenti isolati ma testimoniano ciò che molti cristiani sperimentano oggi in India».
Ce lo ricordano non solo le 29 aggressioni accertate di gennaio ma pure un fatto di sangue accaduto l’11 febbraio, ossia l’omicidio del quarantenne evangelico Anant Ram Gand, padre di cinque figli, decapitato nell’Orissa da guerriglieri aizzati con uno pseudo-pretesto da fanatici indù, che non hanno mai accettato la conversione al cristianesimo dell’uomo, avvenuta nove mesi prima.
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