Dall’Asia, e in particolare da India e Cina, continuano ad arrivare notizie di persecuzioni nei confronti dei cristiani. Secondo quanto riferisce il World Watch Monitor, in un’area rurale nello stato indiano del Maharashtra i cristiani si sono sentiti dire che verrà chiuso un luogo di culto a settimana, con la ‘motivazione’ che le chiese stanno «distruggendo» la tradizione locale e «attirando» altri a convertirsi al cristianesimo (nella foto in alto, resti di una chiesa abbattuta il 7 luglio a Kospundi). La situazione è particolarmente grave nel distretto di Gadchiroli. Qui, gruppi di estremisti, anche piuttosto consistenti, hanno attaccato da giugno in poi 15 case di cristiani, sparse in cinque villaggi. Ai fedeli è stato detto che verranno privati della fornitura d’acqua e non potranno avere più accesso agli aiuti alimentari del governo se continueranno a professare la fede in Cristo.
Il 5 agosto un cristiano del villaggio di Kospundi, Gallu Kowasi, è stato selvaggiamente picchiato da alcuni abitanti del posto che hanno cercato di farlo abiurare. Nello stesso luogo, dopo una denuncia presentata da tre famiglie cristiane, un centinaio di persone si sono riunite attorno alla stazione di polizia chiedendo l’espulsione dei cristiani dal villaggio, mentre a Bharagad le autorità non hanno intrapreso alcuna azione nonostante la richiesta d’aiuto da parte dei fedeli. Secondo una fonte indiana riportata anonimamente dal World Watch Monitor, gli estremisti sono ‘sospinti’ da una legge del 1996 che regola l’autogoverno nelle aree in prevalenza tribali e conosciuta con l’acronimo inglese di Pesa (Panchayats – Extension to Scheduled Areas).
Chi si converte a Cristo, inoltre, rischia l’ostracismo da parte degli stessi familiari (gli indiani sono per circa l’80% di religione induista), come riferisce la suddetta fonte: «Se una persona nella famiglia si converte al cristianesimo, il resto della famiglia si unisce con il villaggio e tutti boicottano immediatamente quella persona», a cui non sarà più dato lavoro nel suo villaggio, diventando facile bersaglio di minacce e attacchi. Il tutto avviene in un Paese dove nei giorni scorsi la Commissione nazionale per le donne si è attivata per chiedere al governo di abolire il sacramento della Confessione.
LA CINA E LA MENZOGNA DELLA «RIFORMA DEL PENSIERO»
Ancora più grave, vista la persecuzione su larga scala messa in atto dal Partito comunista, è la situazione in Cina, di cui il Timone ha già riferito a luglio con un’intervista a padre Bernardo Cervellera, direttore di Asia News e missionario del Pime, che ha ricordato tra l’altro la grande testimonianza dei martiri. La stretta sulle religioni, tutte osteggiate dal governo, si è aggravata dopo l’entrata in vigore l’1 febbraio di nuovi regolamenti, che per la Chiesa cattolica – detta «sotterranea» perché bandita dal governo – e le comunità cristiane in generale si sono tradotti in varie misure persecutorie, dalla schedatura dei fedeli alla rimozione di simboli religiosi, fino ai controlli fuori dalle chiese per impedire l’ingresso ai minori.
Ieri l’Associated Press ha pubblicato un ampio servizio dopo aver intervistato una dozzina di protestanti cinesi, che hanno descritto come i loro incontri per le funzioni religiose siano sempre più soggetti a blitz, interrogatori e sorveglianza da parte delle forze dell’ordine, che hanno pure confiscato delle Bibbie. Alcuni grandi rivenditori online, come Taobao e JD.Com, nemmeno le vendono più sui loro siti.
Secondo Guo, un negoziante di 62 anni che ha preferito rivelare solo il suo cognome, le autorità governative «non erano mai state così severe prima d’ora, almeno non da quando ho iniziato ad andare in chiesa negli anni Ottanta». Guo era riuscito, con altri connazionali protestanti, a edificare una chiesa nella provincia dell’Henan ma a marzo le funzioni religiose sono state bloccate dalla polizia, in attesa di registrare il luogo di culto e tutti coloro che vi vanno. Sorte simile è toccata a decine di altre chiese (31 in una sola domenica mattina, sempre nell’Henan). In precedenza le autorità tolleravano le chiese protestanti non registrate, ma da alcuni mesi il controllo governativo si è fatto più asfissiante anche perché è entrata a regime quella che è stata chiamata «riforma del pensiero», un’espressione per nascondere l’indottrinamento comunista che ricorda da vicino i tempi di Mao.
L’obiettivo è sempre quello di «sinicizzare» le religioni e in particolare il cristianesimo. A novembre alcuni cristiani residenti in un distretto rurale sono stati indotti all’interno delle loro case a sostituire le immagini della croce e di Gesù con ritratti di Xi Jinping. «Attraverso la nostra riforma del pensiero, lo hanno fatto volontariamente» ha detto il funzionario Qi Yan all’Associated Press. «La mossa è diretta alle famiglie cristiane in povertà, e noi le abbiamo educate a credere nella scienza e non nella superstizione, facendoli credere nel partito». Eppure, a dispetto delle menzogne, la storia mostra proprio il contrario, con la scienza e la tecnica progredite e rimaste allo stesso tempo umane solo quando sono andate di pari passo con il cristianesimo. Mentre l’asserita «riforma del pensiero» del governo cinese è l’ennesima conferma che il comunismo non ha perso il suo vizio totalitario.
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