Nel pomeriggio di ieri, come ha raccontato Il Timone, sulla vicenda di Indi Gregory – la bimba inglese di otto mesi affetta da una malattia del Dna mitocondriale i cui medici, nel suo «best interest», intendono togliere il respiratore che la tiene in vita –, c’è stato un colpo di scena significativo. Infatti il Governo italiano, che già aveva mostrato attenzione verso la vicenda assicurando copertura finanziaria per le cure della bambina presso l’ospedale Bambino Gesù di Roma, ieri ha compiuto un passo in avanti assai significativo. L’ha fatto convocando d’urgenza alle 14:15 un Consiglio dei ministri per conferire – sulla base dell’articolo 9 comma 2 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, «in considerazione dell’eccezionale interesse per la comunità nazionale ad assicurare al minore ulteriori sviluppi terapeutici» – ad Indi Gregory la cittadinanza italiana.
Si è trattato di una seduta lampo, visto e considerato che un lancio dell’Ansa già alle 14:34 dava conto del fatto che detto Consiglio dei ministri «si è concluso in pochi minuti». «Dicono che non ci siano molte speranze per la piccola Indi», ha detto il Premier Meloni, «ma fino alla fine farò quello che posso per difendere la sua vita. E per difendere il diritto della sua mamma e del suo papà a fare tutto quello che possono per lei». Un passo, quello dell’assegnazione della cittadinanza italiana della piccola, che sa un lato alcune fonti giornalistiche hanno presentato come esito d’un lavoro in corso «da settimane» da parte del nostro esecutivo, dall’altro è stato accolto con comprensibile soddisfazione da suo padre, Dean Gregory. «Il mio cuore si riempie di gioia», ha dichiarato commosso, «perché gli italiani hanno dato a me e mia moglie Claire speranza e fiducia nell’umanità. Gli italiani hanno dimostrato attenzione alle cure in modo amorevole e sostegno. Vorrei solo che nel Regno Unito fosse lo stesso».
La gratitudine di papà Gregory sta di certo anche nella tempistica con cui si è mosso il Governo Meloni.Negli stessi minuti in cui alla bambina è stata assegnata la cittadinanza italiana l’Alta Corte di Londra aveva infatti disposto la sospensione dei suoi sostegni trattamenti vitali. Per questo al Queen’s medical centre di Nottingham – la struttura dove Indi è ricoverata dalla nascita – il personale ha minacciato di procedere, convocando il padre in ospedale. A quel punto, Dean Gregory ha opposto la possibilità di portare a casa la bambina. In effetti, la stessa sentenza dell’Alta Corte del 13 ottobre del giudice Robert Peel, al paragrafo 44, prevedeva che il piano di accompagnamento alla sua morte potesse «avvenire a casa o in un hospice, a scelta dei genitori». Ci sono stati insomma momenti di tensione, rispetto ad una storia che, dopo ieri, ha conosciuto sviluppi che potrebbero essere decisivi per salvare la bambina.
Ne dà conferma al Timone Simone Pillon, avvocato incaricato dalla famiglia Gregory di seguire gli interessi della bimba in Italia e che tiene i contatti col Bambino Gesù di Roma. «Speriamo», ha dichiarato l’avvocato Pillon al Timone, «che questo passo possa generare una immediata collaborazione tra le autorità mediche britanniche e italiane e che si arrivi al trasferimento il prima possibile. Come che sia, adesso che la bambina è a tutti gli effetti italiana ha anche a disposizione gli strumenti che la legge prevede per la tutela dei diritti del cittadino. In questo senso sono state attivate tutte le procedure per tutelare la vita e la salute della cittadina italiana Indi Gregory».
Non è purtroppo detto, neppure ore, che la mossa del Governo la vita alla piccola Indi; la memoria corre qui al caso di Alfie Evans, il bambino di Liverpool morto in seguito alla sospensione di supporti vitali il 28 aprile 2018: cinque giorni prima, il 23, anche lui, su richiesta peraltro di Giorgia Meloni – e dell’allora senatore leghista Simone Pillon – aveva ottenuto la cittadinanza italiana, cosa che purtroppo non bastò per portarlo in Italia. Diverso fu il caso l’anno dopo, nel 2019, per Tafida Raqeeb, un’altra bambina di quattro anni che era stata data sostanzialmente per spacciata dai medici inglesi e che oggi, ancora viva, è in cura all’Ospedale Gaslini di Genova. La speranza è naturalmente che il caso di Indi abbia un esito analogo.
Intanto, l’entrata in azione del Consiglio dei ministri sulla vicenda Gregory è diventata, anche in Italia, anche un caso politico. A spendere parole pesanti su questo gesto è stato soprattutto Andrea Crisanti, senatore del Pd, per anni a Londra anche come professore dell’Imperial College, il quale a LaPresse ha dichiarato che «il sistema sanitario inglese è all’avanguardia nel campo della genetica e dell’ingegneria genetica» per cui «portare in Italia la piccola Indi è una inutile crudeltà». «A cosa servono le cure palliative? Penso che da parte del Governo ci sia stata solo una questione politica», ha aggiunto il microbiologo, «con quale scopo? Solo per avere pubblicità a buon mercato sulla pelle dei genitori della bambina».
A Crisanti ha risposto ha stretto giro Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus, il quale ha definito «vergognose» le parole del senatore del Pd, aggiungendo che «la cittadinanza italiana a Indi Gregory è un’ottima notizia ed è encomiabile il Governo Meloni per averla concessa. Accogliere Indi in Italia, accompagnarla nella sua sofferenza e sostenere i genitori è un grande gesto di umanità, sia a livello italiano che internazionale». Bisogna solo sperare che si possa davvero accogliere «Indi in Italia». Diversamente da quanto riportato da alcuni media, infatti (e come dimostrano i momenti di tensione verificatisi ieri nell’ospedale di Nottingham), la questione non è affatto conclusa. (Fonte foto: Screenshot, Christian Concern, YouTube)
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