Manca poco più di un mese al 25 settembre, data che vedrà gli italiani (finalmente!) tornare alle urne per scegliere, si spera, il prossimo Governo e il clima è piuttosto agitato. A suon di dichiarazioni, di accuse, di soffiate e di sondaggi, i vari personaggi politici cercano di portare voti al proprio partito.
Ma qual è, ad oggi, la situazione che si prospetta come la più probabile? Il Timone lo ha chiesto, in presenza al Meeting di Rimini, dove siamo presenti per tutta la settimana con uno stand (Padiglione C2), al noto sondaggista Nicola Piepoli, classe 1935, voce autorevole che nelle ultime settimane è stata spesso interrogata da vari canali informativi.
Professore, come andranno le elezioni? Cosa possiamo attenderci?
«Mah, una assoluta normalità. Cioè, il numero dei votanti sarà grossomodo quella dell’ultima volta, quindi in termini percentuali sarà aumentata perché il saldo tra nati e morti è di circa un milione di non viventi rispetto alla volta precedente e questi sinceramente sono scomparsi; ne compaiono altri, forse un milione e mezzo, perché la gente alla fine di questa campagna si accenderà».
Chi vincerà?
«Vincerà probabilmente il centrodestra, ma con un risultato meno ampio di quello che loro si immaginano, in funzione soprattutto dell’intervento di Renzi e Calenda, che sembrano essere dei runner entrambi per quello che riguarda, diciamo, la penetrazione nell’elettorato. Cioè, loro hanno un tema unico: “Draghi, seguiamo Draghi”, e questo è bipolare: può portare a dire “Sì” entusiasticamente e può portare a dire “No” altrettanto entusiasticamente, e noi non sappiamo ancora bene la direzione del sì o del no».
Quindi potrebbero arrivare a 10%?
«Potrebbero, sì. Potrebbero. Noi ci dimentichiamo del successo che ha avuto Calenda alle elezioni comunali di Roma che, accreditato al 6%, raggiunse alla fine il 19%; ce lo dimentichiamo, l’abbiamo rimosso».
Comunque la percentuale dovrebbe essere favorevole al centrodestra?
«Il centrodestra dovrebbe comunque essere maggioritario, sì».
Il voto cattolico conta ancora qualcosa, secondo lei?
«Dunque, io ho fatto una specie di intervista al cardinale Zuppi [neo presidente della Conferenza episcopale italiana, ndR] ieri, qua al Meeting, e ho trovato dell’assoluto agnosticismo dal punto di vista della Chiesa, della Chiesa militante, cioè della direzione ecclesiastica. Quindi non penso che ci sia un appoggio a nessuno da parte della Chiesa e questo lo considererei, data la mia antichità – in termini di data di nascita -, lo considererei un pericolo. Cioè, la Chiesa dovrebbe interessarsi del mondo circostante, esattamente come ai tempi del primo Gentiloni, diciamo un secolo fa, lo Stato si è interessato attivamente della Chiesa e della partecipazione della Chiesa alla vita pubblica».
E, secondo lei, ripeto, i valori nelle urne hanno ancora un peso, oppure no?
«Sì, hanno un grande peso. Ed è per questo che io sento la mancanza della Chiesa nelle urne».
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