È la notizia del giorno, battuta lunedì pomeriggio in simultanea da tutti gli organi di stampa. Sul pianeta Marte c’è acqua allo stato liquido ha detto la NASA in un’attesissima conferenza stampa. La prova arriva dal satellite statunitense Mars Reconnaissance Orbiter. E qui scatta subito il meccanismo pavloviano: se su Marte c’è acqua, allora vuol dire che su Marte c’è vita. O c’è stata, o ci sarà. Ma non è per nulla così facile. A dirlo molto bene è l’astrofisico dell’Accademia dei Lincei Giovanni Bignami, intervistato da La Stampa.
Alla domanda «Abbiamo veramente scoperto l’acqua su Marte?» postagli dal giornalista Enrico Forzinetti, lo specialista risponde: «In verità no, è stata osservata la sicura presenza di sali idrati, tracce di colate che ci dicono che deve essere scorsa dell’acqua liquida nella quale erano presenti sali. È importane sottolineare come l’acqua possa risalire solo al passato perché su Marte, con un’atmosfera così sottile e a quelle temperature, non può esistere acqua liquida. Al massimo può esistere per pochi minuti dato che evapora poco dopo. Comunque l’osservazione fatta si tratta di un’eccellente conferma di quanto già trovato in passato. Non so se definirla una grande scoperta».
Tra l’altro la scoperta non è una novità, come dice ancora Bignami: «Noi sapevamo già dell’esistenza di una quantità consistente di acqua in profondità grazie a dei radar speciali che hanno rilevato diversi strati di ghiaccio. La novità sta nel fatto che non avevamo mai osservato così bene dei sali idrati sulla superficie. È stata fatta un’analisi dettagliata dei sali che sono una sorta di firma della presenza di acqua salata. In passato avevamo solo un’evidenza delle colate di questi sali, ora abbiamo una misura dettagliata».
Ma ovviamente è la questione della vita quella che importa. Così, quando l’intervistatore gli domanda: «C’è vita su Marte?», l’astrofisico replica: «Di sicuro l’osservazione di acqua salata ne aumenta la possibilità. Prendendo come esempio il deserto Atacama in Cile, simile a Marte per aridità, lì si trovano comunità di colonie di microbi alofili. Una forma analoga di vita elementare potrebbe esistere anche su Marte».
I sostantivi e i verbi sono fondamentali. I secondi sono correttamente al condizionale («potrebbe esistere»), i primi parlano di possibilità. A livello teorico, cioè, la presenza di acqua salata, dice lo scienziato, non contraddice il fatto che, in tesi, la vita possa esserci. Anzi. Ma in concreto tra possibilità e probabilità c’è un abisso. L’acqua è infatti necessaria alla vita, ma non è sufficiente. Non è detto che se su un pianeta vi è acqua, automaticamente vi è allora anche vita. Per innescare il meccanismo della vita serve altro. E che cosa serva a generare la vita è ancora un mistero fitto per la scienza, la quale può al massimo elencare altre condizioni necessarie alla vita, ma nessuna di loro sufficiente.
L’esempio importante citato da Bignami del deserto di Acama in Cile, simile a Marte per aridità, lo dice benissimo. Sul pianeta Terra c’è vita in abbondanza e così anche nelle condizioni estreme del deserto cileno di Acama la vita trova il modo di attecchire. Ma non è che siccome su Marte sono ipotizzabili condizioni estreme simili a quelle che si verificano concretamente in una nicchia bioambientale terrestre allora si possa desumere che su Marte la vita c’è, c’è stata o ci sarà. Nessuna condizione favorevole alla vita genera di per sé la vita. La vita, che per esistere ha bisogno di acqua e di altre cose sia sulla Terra sia su Marte, resta un grande mistero. Sulla Terra c’è, mentre su Marte fa acqua.