Imagine, brano musicale pubblicato nel 1971, è la canzone più nota realizzata da John Lennon dopo lo scioglimento dei Beatles e, per molti, ha segnato un’epoca. Tuttavia, forse in pochi conoscono la traduzione in italiano della canzone, che di edificante ha ben poco, come si evince fin dall’incipit: «Immaginate che non ci sia alcun paradiso. Se ci provate è facile. Nessun inferno sotto di noi. Sopra di noi solo il cielo. Immaginate tutta la gente che vive solo per l’oggi». Prosegue poi il testo di Lennon: «Immaginate che non ci siano patrie. Non è difficile farlo. Nulla per cui uccidere o morire. E nessuna religione. Immaginate tutta la gente che vive la vita in pace». Il che significa affermare che, tra le altre cose, la religione è foriera di guerre e che, se non ci fosse, nel mondo regnerebbe la pace.
Un’affermazione, questa, che il vescovo di Shrewsbury Mark Davies ha citato come esempio negativo nell’omelia pronunciata il giorno di Natale del 2014 (qui il testo integrale). In quell’anno la memoria andava agli eventi della Prima guerra mondiale, usati dal prelato quale pretesto per rimettere al centro dell’attenzione il vero significato delle festività natalizie e il ruolo del cattolicesimo nell’economia del mondo.
«Nell’oscurità di questa notte», esordì il vescovo, «i cristiani si radunano in tutto il mondo per accogliere la “notizia di grande gioia” del Bambino nato per noi (Is 9,6), il Salvatore donatoci, che è Cristo Signore (Lc 2,10). E in questa notte non possiamo non ricordare come esattamente cento anni fa i soldati emersero dalle trincee del Fronte Occidentale per cantare la Nascita di Cristo; per unire le mani all’amicizia; per scambiarsi doni e persino per improvvisare partire di calcio. La tregua natalizia del 1914 è universalmente riconosciuta come un breve momento di umanità in mezzo alla morte e alla distruzione della Grande Guerra. L’allora papa Benedetto XV, nei suoi instancabili sforzi per porre fine alla carneficina, aveva ripetutamente chiesto la cessazione delle ostilità. L’appello del papa non fu ascoltato dai governi, ma fu adottato spontaneamente dai soldati di entrambi i lati delle trincee».
«Come fu possibile un evento simile?», si domandava quindi Davies nell’omelia. La risposta sta nel Bambinello che, con la Sua nascita, «trasforma le nostre menti in pensieri di pace».
«Gli eventi del Natale del 1914», ha detto Davies, «smentiscono l’affermazione pigramente ripetuta che “la religione è la causa delle guerre”. John Lennon avrebbe dato voce a questa credenza infondata nei testi della sua canzone “Imagine”. Questa diventa una visione agghiacciante in cui Lennon immagina un mondo senza speranza del paradiso e senza paura dell’inferno. E aggiunge: “senza nessuna religione”. Solo allora, suggerisce, tutto il popolo potrà vivere “in pace”». Ed è a questo punto che il vescovo va a confutare la tesi avanzata da John Lennon, affermando che «le guerre del secolo passato, che hanno portato con sé atrocità e distruzione su scala mai visti prima, erano in gran parte ispirati da ideologie laiciste e, anzi, apertamente anticristiane. In realtà, è il peccato umano che sta alla radice della causa della guerra».
Non è dunque la religione a essere alla base dei conflitti, bensì la sua negazione. Eppure nella società odierna questo messaggio natalizio di pace e di coesione si sta sempre più perdendo, soppiantato da indefinite “celebrazioni invernali”, da asettici “saluti stagionali” e dall’abolizione delle parole («Natale», «Gesù»…) e dei simboli (su tutti, il presepe) che aiutano a coltivare l’attesa del tempo di Avvento e a fare memoria della venuta del Salvatore. Tuttavia, si domanda con preoccupazione Davies, «se la luce e il significato del Natale dovessero perdersi tra noi, allora cosa chiamerebbe le nuove generazioni ad aprire così tanto i loro cuori? Cosa li chiamerebbe oltre le divisioni per riconoscersi come sorelle e fratelli, ognuno con un valore e una dignità eterni?».
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