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Il vescovo Morandi dà lezione di laicità. Ma si può andare oltre
NEWS 19 Febbraio 2024    di Lorenzo Bertocchi

Il vescovo Morandi dà lezione di laicità. Ma si può andare oltre

«Coloro che assumono ministeri nella Chiesa non abbiano a ricoprire al contempo, ruoli di coinvolgimento diretto e in prima persona negli schieramenti politici. Lettori, accoliti e ministri straordinari della comunione potranno così attestare il loro servizio verso la comunità ecclesiale attraverso il primato della Parola e della Mensa». È il punto centrale della missiva che il vescovo di Reggio Emilia, monsignor Giacomo Morandi, ha inviato ai parroci della sua diocesi in vista delle prossime competizioni elettorali.

Tanto tuonò che piovve. Molte voci nella terra rossa reggiana si sono levate per mettere in discussione la lettera del vescovo, rea, par di capire, di ingerenza, soprattutto nel campo di molte candidature catto-dem. Eppure monsignor Morandi si è limitato ad applicare un sacrosanto principio, quello per cui, ha scritto, «coloro che hanno inteso accedere al servizio della Chiesa si dedichino in modo esclusivo a tale missione, solo così possono essere evitate le contrapposizioni e le tensioni all’interno delle comunità legate all’appartenenza politica».

Non è una semplice “separazione delle carriere” quella proposta dal vescovo Morandi, ma un principio di sana e robusta laicità che troppe volte è stato stiracchiato a sinistra e a destra per appiccicare l’etichetta “cattolico” a qualche lista, a prescindere poi dal contenuto della politica che tale lista promuoveva. Non è in discussione la partecipazione politica dei cattolici, evidentemente, ma «il provvedimento pastorale che ho adottato», ha poi specificato il vescovo, «esprime esattamente l’intenzione opposta, cioè che i cristiani che sentono la vocazione al servizio politico possano seguirla con pieno diritto, liberamente e responsabilmente, nella consapevolezza che sia il ministero di natura ecclesiale che l’impegno politico chiedono un coinvolgimento totalizzante di tempo e risorse, dunque è bene siano nettamente distinti».

Tuttavia, il non detto di questa ennesima querelle sulla militanza politica dei cattolici, manca di un tassello. Nel 2006 l’allora arcivescovo della città di Bologna, quindi sempre in terra rossa emiliana, il cardinale Carlo Caffarra, morto nel 2017, scriveva una lettera ai sacerdoti e superiori religiosi della sua arcidiocesi in vista delle elezioni politiche. Si trattava di un piccolo vademecum in 5 punti, sempre nella traccia di un’autentica laicità, ma in un certo senso ancor più laico di quello di monsignor Morandi.

«Dobbiamo rimanere», scriveva Caffarra, «completamente fuori dal dibattito e dall’impegno politico pre-elettorale, rimanendo assolutamente estranei a qualsiasi partito o schieramento politico. Questa esigenza è fondata sulla natura stessa del ministero […]». Ai punti 2, 3 e 4, l’arcivescovo proibiva di dare in uso locali ecclesiastici a rappresentanti di partito o istituzionali per campagne politiche e invitava a vigilare affinché negli spazi parrocchiali si evitasse ogni forma di propaganda elettorale (manifesti, volantinaggio, ecc.).

Ma è il punto 5 della lettera di Caffarra quello che affonda sulla vera laicità, andando oltre la sola sacrosanta “separazione delle carriere” di un eventuale candidato con contemporaneo ministero in sacrestia.

«È un diritto dei fedeli essere illuminati dai propri pastori quando devono prendere decisioni importanti, e quindi corrispettivamente dovere dei sacerdoti di illuminarli. Se un fedele chiedesse al sacerdote come orientarsi nella situazione attuale, teniamo presente quanto segue. […] L’aiuto che noi sacerdoti dobbiamo dare, consiste nell’illuminare il fedele perché individui quei beni umani fondamentali che oggi meritano di essere preferibilmente e maggiormente difesi e promossi, perché maggiormente misconosciuti o calpestati. Il Magistero della Chiesa è di imprescindibile riferimento in questo sostegno al discernimento del fedele. Una visione sintetica si può agevolmente trovare nel Documento Su alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica emanato dalla Congregazione per la Dottrina della fede in data 24-11-2002, al n° 4, cpv. 3° [EV 21/1419], che invito a studiare e meditare, specialmente in questa vigilia elettorale. Ma il sacerdote deve astenersi completamente dall’indicare quale parte politica ritenga a suo giudizio dia maggior sicurezza in ordine alla difesa e promozione dei beni umani in questione».

E il documento citato da Caffarra ricorda, tra l’altro, quell’esigenza di coerenza tra vita spirituale e vita pubblica che troppo spesso è come un tarlo che corrode dall’interno la forza della testimonianza politica del cattolico. A ben vedere è qui la radice della autentica laicità e non un pluralismo partitico che spesso è solo la scusa per farsi schiacciare su posizioni etiche laiciste (vedi caso legge fine vita in Veneto). Ed è qui il punto nevralgico della partecipazione politica del cattolico, qualcosa che comprende anche la giusta sottolineatura del vescovo Morandi, ma va oltre.

(Fonte foto: Imagoeconomica)


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