«La mia giornata inizia alle due e mezza del mattino, e la prima preghiera che dico è alle tre. Seguo il modello della Liturgia delle Ore della Chiesa siro-malabarese. Normalmente passo otto ore al giorno in preghiera , sia liturgico e come personale. Il tempo rimanente è per lo studio, il lavoro, la scrittura, ecc. Vado a letto alle nove e mezza».
Con questo programma quotidiano si svolge ora la vita di monsignor Jacob Muricken, 59 anni, già vescovo della diocesi siro-malabarese di Palai, nell’India meridionale. In una intervista concessa al portale statunitense The Pillar, monsignor Muriken racconta la sua nuova vita da eremita. Il prelato ha lasciato le sue responsabilità diocesane il 25 agosto 2020. Da allora vive in un piccolo eremo a Nallathanni, località montana a circa 30 chilometri dalla residenza ufficiale del Vescovo di Palai. Invece della caratteristica tonaca bianca indossata dai vescovi ai tropici, l’eremita indossa una semplice veste arancione conosciuta localmente come “kashaya” e associata agli asceti.
«È stata un’ispirazione divina attraverso la preghiera. Nel 2012 sono stato eletto Vescovo Ausiliare della Diocesi di Palai e dopo cinque anni, nel 2017, ho avuto un forte impulso ad abbracciare la vita ascetica. Fino ad allora non avevo tale aspirazione. Ho ritenuto che il messaggio provenisse da Dio. Era nei suoi piani. Ho comunicato questa chiamata al mio vescovo e all’arcivescovo».
Motivando la sua scelta dice che oggi «viviamo in una società dove ogni momento deve essere riempito di progetti, attività e rumore. È un tempo di movimento continuo, sempre con il rischio di ‘fare per fare’. Bisogna ‘essere’, piuttosto che cercare di ‘fare’».
«La domanda è se i valori religiosi sopravvivranno all’assalto della cultura emergente. Nel mezzo delle comodità materiali, l’uomo sperimenta un vuoto spirituale. Questa assenza rende le nostre vite miserabili. Le pratiche spirituali devono soddisfare la spinta interiore per raggiungere la realtà ultima. Lo spirito del mondo ha guadagnato più spazio nei cuori», commenta il vescovo asceta.
Il vescovo ritiene che la vita eremitica possa essere una risposta. «La Chiesa non ha armi adeguate per contrastare le correnti mondane. Perciò è inevitabile uno stile di vita radicale che ponga qualcosa di diverso. Dobbiamo insegnare ai fedeli a proteggersi dai piaceri della carne, del denaro e del prestigio. Tutto finirà quando il cristianesimo inizia una potente battaglia con il mondo, cioè tra Cristo e Baal».
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