«L’estrema destra vince per la prima volta le elezioni in Italia» (El Pais). «La destra si fa sentire a Roma!» (Bild-Zeitung). «Giorgia Meloni si aggiudica la vittoria per diventare il primo ministro italiano più di estrema destra dopo Mussolini» (Cnn). Non c’è che dire: il tono con cui la stampa internazionale ha accolto la vittoria alle elezioni politiche italiane del centrodestra, trainato con forza da Giorgia Meloni, è stato indubbiamente di preoccupazione, se non di aperto allarmismo. Solo il Telegraph ha saputo distinguersi.
A parziale discolpa dei media stranieri, si può però aggiungere come molti volti noti anche italiani abbiano contributo a generare questo genere di reazioni, degne di maggior causa, in risposta all’esito delle urne. Da Damiano dei Maneskin a Francesca Michielin fino a Boy George – che è inglese ma rilancia banalità italiche a meraviglia -, infatti, il ritornello è stato più o meno lo stesso, della serie: «Oggi è un giorno triste per l’Italia»; «Inizia la resistenza»; «E adesso?». E giù riferimenti al 1922, fatti una leggerezza che, prima che agli elettori italiani, manca di rispetto alla storia.
Sembra infatti sfuggire il piccolo dettaglio storico tale per cui, cento anni fa, Mussolini non vinse affatto le elezioni. Non solo: se proprio di ascesa al potere senza passare delle urne si vuol parlare, ecco, ben prima dei temuti Fratelli d’Italia e di Giorgia Meloni, si potrebbe parlare di altre forze politiche – per esempio, proprio il Pd – che, pur non uscendo vittoriose dalle urne ormai da anni, sono comunque riuscite a gestire per lungo tempo ministeri e posti di gran livello decisionale nel nostro Paese.
Allo stesso modo, colpisce la leggerezza con cui si liquidi come di «estrema destra» una formazione che certamente è conservatrice, non si discute, ma i cui componenti e leader di maggior spicco possono vantare una conoscenza e una pratica istituzionale non banale; la stessa Meloni, in effetti, ha alle spalle una esperienza di Ministro. Per non parlare delle rispettate e stimate personalità che Fratelli d’Italia – su tutti l’ex magistrato trevigiano Carlo Nordio – ha contribuito a portare in Parlamento in questa tornata elettorale.
Attenzione, questo non vuol essere uno spot meloniano né una presa di posizione pro o contro nessuno; ci mancherebbe. Semplicemente, è una mera constatazione circa l’elevato grado di cose scontate e di inesattezze che un certo antifascismo 2.0 – sentendosi investito, evidentemente, di un ruolo missionario – diffonde pur di attaccare un esecutivo, peraltro, ancora prima che esso si sia costituito. Ma a chi giova, scusate, ripetere meccanicamente certi slogan? Ha senso chiederselo dato che il vero pericolo, qui, non sembra il fascismo. È la noia.
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