Qualche nota per ricordare chi è, oltre ciò che ne raccontano i media, Bernie Sanders, il senatore del Vermont in corsa per la Casa Bianca nelle fila del Partito Democratico che è stato invitato il 15 e il 16 aprile in Vaticano al convegno organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali in occasione del venticinquesimo anniversario dell’enciclica Centesimus Annus, pubblicata da Papa san Giovanni Paolo II (1920-2005) nel 1991.
Bernard “Bernie” Sanders ha 74 anni, è al Congresso dal 1990 (sette mandati da deputato e due da senatore del Vermont, prima ha fatto il sindaco), si riconosce spavaldamente in una ideologia, il socialismo, vinta dalla storia e negli Stati Uniti in declino vorticoso dagli anni 1960, ma «rappresenta chiaramente il futuro del partito». Chi lo afferma, Jack Ross sulle pagine del periodico The American Conservative, sa cosa dice: il suo The Socialist Party of America: A Complete History (Potomac Books, Lincoln [Nebraska] 2015) è già un classico.
Oriundo polacco nato a Brooklyn, autodefinitosi “ebreo secolarizzato”, attivista al fianco di Martin Luther King e veterano di un kibbutz israeliano, Sanders è la guerra a ciò che Hillary Clinton simboleggia: l’imborghesimento neoliberale del Partito Democratico, più di casa fra i tycoon di Wall Street che negli slum degli “ultimi”. Ma nonostante la retorica a metà tra romanzo di Charles Dickens e neorealismo fotografico in bianco e nero da Grande Depressione, Sanders è sul serio il domani della Sinistra americana. L’enorme favore popolare che la sua certamente perdente sfida all’establishment sta incontrando ne è il segno. La forbice della politica americana si sta infatti rapidamente allargando; la Sinistra sarà sempre più sinistra e la Destra dovrà essere sempre più se stessa per non soccombere a quel “trumpismo” che per i Repubblicani doc è solo un marchio contraffatto.
Se la Clinton dovesse diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti, il processo di radicalizzazione “sandersista” della Sinistra rallenterebbe un poco, ma se il nuovo presidente fosse un Repubblicano l’accelerazione sarebbe immediata. Eppure sarebbe un errore considerare la Clinton un antidoto al “sandersismo”: Hillary e Bernie sono infatti la tesi e l’antitesi di un medesimo processo funzionale a una nuova sintesi. Sanders è la nemesi storica della Clinton, lo spirito dei suoi “Natali” passati che ritorna per completare l’opera. Chi lo sa meglio di tutti è Sanders, che con una campagna elettorale guascona e apparentemente da loser, punta a una cosa sola. Assicurarsi che il centrismo strategico adottato dai coniugi Clinton saliti in società dopo gli anni ruggenti della contestazione non uccida la Sinistra americana. Il “sandersismo” è la “minoranza dem”, e nella Sinistra USA il suo futuro non è affatto lo sconfittismo lamentoso, chiunque vinca le primarie, chiunque siederà alla Casa Bianca.