Lo scorso 25 agosto il sito ufficiale della Conferenza episcopale tedesca, Katholisch.de, ha pubblicato un'intervista al teologo morale Stephan Goertz sul suo nuovo libro Chi sono io per giudicare? L'omosessualità e la Chiesa cattolica (titolo originale Wer bin ich, ihn zu verurteilen? Homosexualität und katholische Kirche).
Nell'intervista Goertz afferma che l'omosessualità non dovrebbe più essere condannata dalla Chiesa perché i tempi sono cambiati. Ai tempi della Bibbia «la procreazione era il primo fine, dato da Dio, della sessualità», «la sessualità aveva come primo scopo assicurare la sopravvivenza della popolazione», tuttavia «questa non è più la situazione di oggi e dal Concilio Vaticano II non è nemmeno più il nostro insegnamento sulla sessualità».
Per il teologo le unioni omosessuali dovrebbero essere quindi rispettate «e non discriminate o criminalizzate». Guardando al prossimo Sinodo sulla famiglia, spera che «le vecchie condanne degli atti omosessuali siano lasciate cadere».
Le relazioni omosessuali insomma dovrebbero essere accettate in toto. E conclude Goertz:
«Ci si può chiedere se una relazione d'amore omosessuale, fedele, che si concepisce nel quadro della fede nel Dio di Israele e di Gesù, non possa persino avere un carattere sacramentale». E sulla possibiità che queste relazioni possano essere benedette in Chiesa: «Anche se non mi aspetto che se ne parli al Sinodo, teologicamente non vedo alcun problema».
Il commentatore cattolico Mathias von Gersdorff ha risposto immediatamente sul suo sito, facendo notare come l’intervista non sia stata accompagnata da nessuna critica o presa di distanza da parte della Conferenza episcopale tedesca. E ha aggiunto:
«Se pure il chiaro insegnamento della Chiesa riguardante i sacramenti è messo in discussione, allora viene chiedersi se questi teologi non farebbero meglio a iniziare una nuova religione. Almeno costoro dovrebbero dire ai fedeli, chiaramente e senza ambiguità, che stanno lavorando per un cambiamento radicale della dottrina cattolica, in punti essenziali».