Cosa non si fa in nome dell’inclusione. Anche a Natale. Prima vennero le maestre di Agna, nel padovano, preoccupate del nome “Gesù” nelle canzoncine per i bimbi, che hanno sostituito ad un più melodico “cucù”. D’altra parte perché questa smania di citare Gesù? Manco fosse il protagonista della festa. Travolte dalle polemiche si sono scusate: «Non era assolutamente nostra intenzione mancare di rispetto ai bambini e alla comunità intera – hanno detto-. Tutto ciò che viene fatto nella scuola è sempre stato a favore della crescita, per una formazione umana, culturale e civile dei bambini». Ci sarebbe da chiedersi come il “cucù” potesse contribuire alla crescita umana, culturale e civile, ma teniamo buone almeno le scuse.
Che pare non siano invece arrivate da don Vitaliano Della Sala, parroco della chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Capocastello, frazione di Mercogliano, nell’avellinese, che per questo Natale ha allestito un presepe “con due mamme”, “due Madonne” per la precisione, e senza san Giuseppe. «La logica dell’inclusività è l’avvenire della Chiesa» aveva spiegato, intanto ed essere escluso era stato il padre putativo di Gesù, espunto da quella grotta di Betlemme in cui sono arrivati proprio perché ce li ha portati Giuseppe per il censimento. Immediatamente ha reagito un altro parroco campano, don Maurizio Patriciello, che ha chiesto a don Vitaliano di rimettere San Giuseppe al proprio posto. Detto fatto, San Giuseppe è stato rimesso nel presepe, ma accanto alle due Madonne, che lì sono rimaste perché secondo don Vitaliano «bisogna accogliere queste famiglie».
Se il quadro è questo dunque, perché stupirsi se “Più Europa” propone ben quattro versioni alternative della natività? Sulle sue pagine social infatti il partito europeista nato dai Radicali ha ben pensato di augurare “buone feste” con un collage di quattro varianti di altrettante natività arcobaleno, c’è quella “con due Madonne”, quella “con due San Giuseppe”, quella con il Bambino Gesù nero, quella con la Madonna e Gesù neri, ma senza San Giuseppe. Il testo è eloquente: «Il bello delle tradizioni è che possono cambiare. Buone feste da +Europa ».
E così quella formazione che alle ultime politiche non è riuscita a sforare la soglia di sbarramento del 3% è tornata a far parlar di sé. Per una campagna che non è stata apprezzata nemmeno dai suoi. Tra chi ha detto addio al partito c’è stata Anita Likmeta, imprenditrice italo albanese, che ha postato su Facebook il suo dissenso: «Se +Europa pensa di difendere la diversità con ammiccamenti ipocriti alla tradizione, io per il ruolo della Madonna lesbica non sono disponibile. Addio a Più Europa e buon suicidio politico (non assistito)!»
Niente di nuovo sotto il sole. Oggi come ieri il cristianesimo è un facile bersaglio di chi cerca di espungere l’origine della vita dall’orizzonte comune, ma è una battaglia persa. Se sopravvive al peccato dei fedeli, a certi sacerdoti persi nelle loro miserie ed eresie, perché la Chiesa dovrebbe soccombere per un partito che molti nemmeno ricordano più?
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