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Il Prefetto Müller: «Dividere ‘teoria’ e ‘prassi’ della fede riflette una sottile ‘eresia’ cristologica»
NEWS 5 Dicembre 2014    

Il Prefetto Müller: «Dividere ‘teoria’ e ‘prassi’ della fede riflette una sottile ‘eresia’ cristologica»

Lunedì 1° dicembre si è aperta la riunione plenaria della Commissione Teologica Internazionale (CTI). Il cardinale Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, ha rivolto ai convenuti un discorso d'introduzione ai lavori lucido e preciso in cui ha ribadito in modo chiaro e netto quale dev’essere il compito – l’unico compito – dei teologi riuniti in un organismo come la CT. Il cardinale l’ha anzi definita una «chiamata», e poco dopo esattamente una «vocazione», e per di più «specifica»: «scrutare le importanti questioni teologiche a servizio del Magistero della Chiesa, in particolare della Congregazione per la Dottrina della fede». Punto. Questo perché i teologi della CTI sono e debbono essere responsabili e intelligenti: «Dobbiamo», ha detto il cardinale Müller, «renderci ben conto dell’esigenza e della responsabilità dell’intelligenza della fede», giacché i teologi della CTI «lavorano nella Chiesa, per la Chiesa e a nome della Chiesa» e perché «la fede cristiana, non è un’esperienza irrazionale».

Parole che servono da introduzione al “piatto forte”: «La sacra doctrina non è una pagina morta», ha detto il Prefetto, «ma in particolare nella speculazione dogmatica tocca sempre ciò che è decisivo per un cammino della Chiesa, che è il cammino della salvezza».

Quindi «ogni divisione tra la “teoria” e la “prassi” della fede sarebbe il riflesso di una sottile “eresia” cristologica di fondo. Sarebbe frutto di una divisione nel mistero del Verbo eterno del Padre che si è fatto carne. Sarebbe l’omissione della dinamica incarnazionista di ogni sana teologia e di tutta la missione evangelizzatrice della Chiesa. Cristo che può essere detto il primo teologo delle Scritture, il teologo per eccellenza, egli ci ha detto “io sono la via, la verità e la vita”. Non c’è la verità senza la vita, non c’è vita senza verità. In lui sta la via per comprendere sempre meglio la verità che si è offerta a noi e si è fatta nostra vita». Parole come macigni, e il pensiero corre alla “linea Kasper”, serpeggiata presso alcuni durante il recente Sinodo straordinario sulla famiglia, circa l’ipotesi di scindere dottrina e prassi, nell’ottica di riverire la prima ma in fondo solo in modo formale e astratto affidando invece alla seconda la vera “legislazione” di questioni quali il divorzio, la Comunione ai divorziati “risposati”, magari persino le unioni omosessuali.

Insomma, il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede esclude categoricamente che la “linea Kasper” possa mai avere una qualsiasi liceità. Un cardinale e un teologo come l’arcivescovo di Milano, mons. Angelo Scola, lo ha capito bene e quindi si è preso la briga di ripetere a tutti ma proprio a tutti (lo ha detto infatti al Corriere della Sera, al “giornale degl’italiani) il medesimo concetto. Come lui lo hanno capito tanti, molti. Altri invece pare di no. Siccome sul sito Internet de L’Osservatore Romano il testo dell’intervento del Prefetto non lo abbiamo trovato (sicuramente per incapacità nostra), non possiamo come di consueto offrire un link ai lettori. Però abbiamo ricopiato per intero il testo dall’edizione cartacea dell’1-2 dicembre dov’è stato pubblicato a pagina 5 per stralci e quegli stralci per intero li proponiamo qui di seguito.

 

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PAGINE VIVE
di Gerhart Ludwig Müller

Questa è sempre stata la convinzione dei Padri della Chiesa, che la teologia inizia e, in un certo senso, nasce e si fa nella liturgia, nell’adorazione del mistero Dio e nella contemplazione del Verbo fattosi carne. A cominciare da san Basilio di Cesarea, che nel suo epocale trattato sullo Spirito Santo, vede proprio nella liturgia l’occasione e il luogo propizio dell’autentica riflessione umana sull’incomprensibile theologia ed economia della nostra salvezza. Se noi, teologi e teologhe, ogni giorno mettiamo, a disposizione dei misteri della fede, la nostra intelligenza, le doti proprie e il faticoso lavoro, in realtà, prima ancora di tutto ciò, abbiamo bisogno del suo Spirito, della sua intelligenza divina, che fortifica le nostre povere ricerche umane. Nella liturgia comprendiamo meglio come la teologia è fondamentalmente la contemplazione del Dio d’amore.

Dobbiamo, però, renderci ben conto dell’esigenza e della responsabilità dell’intelligenza della fede, che in modo speciale è affidata ai teologi e alle teologhe, che lavorano nella Chiesa, per la Chiesa e a nome della Chiesa. Nella Chiesa, con il loro lavoro intellettuale, realizzano una vocazione ben precisa e un’esigente missione ecclesiale.

La fede cristiana, infatti, non è un’esperienza irrazionale. Siamo chiamati ad accogliere l’invito e il dovere, che esprime Pietro, quello di essere «sempre pronti a dare una risposta a chi vi chiede il motivo della vostra speranza» (1 Pietro, 3, 15). La teologia scruta, in un discorso razionale sulla fede, l’armonia e la coerenza intrinseca delle varie verità di fede, che scaturiscono dall’unico fondamento della rivelazione di Dio uno e trino. Il mistero inscrutabile di Dio, nell’economia della salvezza e per mezzo di questa economia del Verbo incarnato si offre anche alla nostra intelligenza. Noi, teologi ne siamo custodi e promotori di quest’intelligenza della fede.

Nella mediazione cristologica Dio si è offerto alla nostra ragione anche nell’intelligibilità della sua auto-rivelazione. La Commissione, con i suoi dibattiti e discussioni, attraverso gli studi e le riflessioni, è un luogo privilegiato di un impegno comunitario nel dare ragione della nostra speranza.

La specificità della Commissione teologica internazionale sta nel fatto che essa è chiamata a scrutare le importanti questioni teologiche a servizio del Magistero della Chiesa, in particolare della Congregazione per la Dottrina della fede. In questa dimensione penso che possiamo cogliere un’indicazione per il nostro “fare teologia”. La teologia non è mai una pura speculazione o una teoria distaccata dalla vita dei credenti. In effetti, nell’autentica teologia non c’è stato mai un distacco o una contrapposizione tra l’intelligenza della fede e la pastorale o la prassi vissuta della fede. Si potrebbe dire che tutto il pensiero teologico, tutte le nostre investigazioni scientifiche hanno sempre una profonda dimensione pastorale. Sia la dogmatica, la morale o le altre discipline teologiche hanno sempre una propria dimensione pastorale. Come insegnava il concilio Vaticano i tutta la conoscenza di Dio procede bene, se è fatta in riferimento al fine ultimo dell’uomo, per la salvezza dell’uomo. La sacra doctrina non è una pagina morta, ma in particolare nella speculazione dogmatica tocca sempre ciò che è decisivo per un cammino della Chiesa, che è il cammino della salvezza.

Ogni divisione tra la “teoria” e la “prassi” della fede sarebbe il riflesso di una sottile “eresia” cristologica di fondo. Sarebbe frutto di una divisione nel mistero del Verbo eterno del Padre che si è fatto carne. Sarebbe l’omissione della dinamica incarnazionista di ogni sana teologia e di tutta la missione evangelizzatrice della Chiesa. Cristo che può essere detto il primo teologo delle Scritture, il teologo per eccellenza, egli ci ha detto «io sono la via, la verità e la vita». Non c’è la verità senza la vita, non c’è vita senza verità. In lui sta la via per comprendere sempre meglio la verità che si è offerta a noi e si è fatta nostra vita.

Possiamo dire che il lavoro della Commissione, il suo stile di lavorare è caratterizzato da un profondo spirito comunitario, da fraterno rispetto e amicizia, da una vera collegialità di collaborazione, di scambio e di dialogo. Dalla commissione si attende l’esempio di un dibattito teologico sereno e costruttivo, nel rispetto del carisma del Magistero ecclesiale e nella coscienza di alta responsabilità di cui è riversata la vocazione dei teologi e delle teologhe nella Chiesa.

Siamo chiamati a custodire il vero volto della teologia cattolica costituito dalla mediazione cristologica ed ecclesiale della fede. Il suo vero oggetto, la teologia non lo può trovare altrove che solo nella fede, testimoniata dalla Chiesa, nell’auto-rivelazione di Dio nella persona e nella storia di Gesù di Nazaret. Tale auto-comunicazione di Dio mira a far sì che «gli uomini, per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, abbiano accesso al Padre nello Spirito Santo e siano resi partecipi della natura divina» (Costituzione dogmatica Dei Verbum, 2).

La relazione particolare della scienza teologica con la Chiesa non può ridursi a una realtà quasi solo esteriore. La teologia deve piuttosto, per sua essenza, portare il contributo della problematica specificamente teologica nella forma e nella mediazione ecclesiale della fede e presupporre d’altra parte già sempre in partenza, come propri principi, gli articoli di fede testimoniati dalla Chiesa.