È stata votata nel primo pomeriggio di ieri, giovedì 9 giugno, una risoluzione del Parlamento europeo sul tema “Minacce globali al diritto di aborto: il possibile ribaltamento dei diritti di aborto negli Stati Uniti da parte della Corte suprema”. La risoluzione, articolata in 32 punti, era stata discussa nella giornata di mercoledì, ed è passata con 364 voti favorevoli, 154 voti contrari e 37 astenuti.
Quale il motivo che hanno spinto il Parlamento europeo a esprimersi sulla situazione di un Paese esterno all’Unione? Il fatto che l’organo Ue è «profondamente preoccupato per le potenziali conseguenze per i diritti delle donne in tutto il mondo», nel caso in cui la Corte suprema Usa dovesse effettivamente decidere, alla fine di questo mese, di ribaltare la Roe v Wade che dal 1973 ha legalizzato l’aborto su scala nazionale sulla base di una menzogna artatamente costruita con la collaborazione di Norma McCorvey (la Jane Roe della sentenza), che però una volta divenuta pro-life ha denunciato tutto.
La risoluzione prosegue quindi affermando che il Parlamento europeo «incoraggia fortemente il governo degli Stati Uniti e/o altre autorità statunitensi competenti anche a rimuovere tutti gli ostacoli ai servizi di aborto, compreso il consenso o la notifica di terzi, i periodi di attesa obbligatori e l’autorizzazione da parte di giudici o gruppi medici, e di garantire un accesso tempestivo alle cure per l’aborto in tutto il Paese». Una frase cardine sia per capire l’indirizzo del Parlamento europeo, sia per l’uso che viene fatto della neolingua, per la quale l’aborto diventa una “cura” e un “servizio”.
«UN’INGERENZA INACCETTABILE»
In vista della discussione e votazione della risoluzione in questione, già nella giornata di mercoledì 8 giugno padre Manuel Barrios Prieto, segretario generale della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece), aveva rilasciato una dichiarazione mostrando innanzitutto sorpresa per il fatto che il Parlamento europeo avesse deciso di affrontare un tale argomento, per poi entrare più nel merito della questione con decise parole di accusa: «Si tratta», ha infatti dichiarato, «di un’ingerenza inaccettabile nelle decisioni giurisdizionali democratiche di uno Stato sovrano, un Paese che non è anche uno Stato membro dell’Ue».
Il prelato spagnolo ha inoltre sottolineato che, «dal punto di vista giuridico, non esiste un diritto all’aborto riconosciuto nel diritto europeo o internazionale», indi per cui, ogni Stato è libero di proibirlo e l’Europa «dovrebbe rispettare le competenze legislative dei suoi Stati membri», oltre al fatto di agire «solo nei limiti delle competenze attribuitele dagli Stati membri nei trattati per raggiungere gli obiettivi ivi stabiliti». Quanto sovrasta questi principi, come appunto la risoluzione approvata ieri, è da condannare.
NULLA DI NUOVO
Ma, d’altronde, la posizione filo-abortista del Parlamento Europeo non è cosa nuova (ne parlavamo qui): neanche un anno fa, infatti, il 24 giugno 2021, si era espresso favorevolmente circa l’adozione del controverso “Rapporto Matić”, dal nome del politico croato socialdemocratico Predrag Fred Matić che lo aveva presentato; nel testo del Rapporto si affermava, su tutto, che l’aborto è una «assistenza sanitaria essenziale», andando nel contempo a puntare il mirino contro l’obiezione di coscienza. Anche in quel caso, lo ricordiamo, la Segreteria della Comece aveva fatto sentire la propria voce, definendo il testo «eticamente insostenibile».
La votazione di ieri, dunque, corre su un solco ben tracciato e fortemente sostenuto ad alti livelli. Tuttavia, se solo si esce dalle logiche di potere, ci si accorge che la realtà è un’altra, e che in America, e di riflesso anche nel mondo, il vento pro-life spira con sempre più decisione e ha sempre più seguito: lo dimostra la votazione che attende l’America alla fine di questo mese e che, comunque andrà, ha permesso di fare luce sulla fragilità dell’ideologia abortista, destinata a sgretolarsi sotto la forza della verità.
Potrebbe interessarti anche