Da quel pomeriggio del 25 febbraio, in cui Francesco attraversò piazza San Pietro per andare in via della Conciliazione all’ambasciata russa, l’escalation del Papa affinché «tacciano le armi» in Ucraina non ha conosciuto sosta.
La posizione del Papa è chiara di fronte alla guerra in Ucraina, come ha detto in più occasioni anche il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin: «Siamo disposti a tutto per la pace». C’è stata poi la telefonata dello stesso Parolin al ministro degli esteri russo Lavrov, l’invio di due cardinali sul campo, infine, l’annuncio della consacrazione al Cuore Immacolato di Maria della Russia e dell’Ucraina il prossimo 25 marzo a Roma e in contemporanea a Fatima.
Restava da fare la cosa più delicata e cioè provare a parlare direttamente con il Patriarca di Mosca Kirill, che con due interventi recenti, il 6 marzo in un sermone e il 10 marzo con una lettera al segretario generale ad interim del Consiglio ecumenico delle Chiese, aveva di fatto trovato una sorta di “giustificazione” all’atto militare russo e scaricato sull’Occidente la responsabilità di quanto sta accadendo.
Ieri nel primo pomeriggio Francesco e Kirill si sono parlati in videoconferenza. «La Chiesa – il Papa ha convenuto con il Patriarca – non deve usare la lingua della politica, ma il linguaggio di Gesù», questo ha riportato il direttore della Sala stampa vaticana Matteo Bruni rispondendo ai giornalisti. «Siamo pastori dello stesso Santo Popolo che crede in Dio, nella Santissima Trinità, nella Santa Madre di Dio: per questo dobbiamo unirci nello sforzo di aiutare la pace, di aiutare chi soffre, di cercare vie di pace, per fermare il fuoco».
Anche nel più sintetico comunicato del Patriarcato di Mosca si sottolinea che «le parti hanno sottolineato l’eccezionale importanza del processo negoziale in corso, esprimendo la loro speranza per il raggiungimento al più presto di una pace giusta». Nel resoconto della Santa Sede si parla di «pace» senza nessun aggettivo, anzi Francesco è andato oltre: «Come pastori abbiamo il dovere di stare vicino e aiutare tutte le persone che soffrono per la guerra. Un tempo si parlava anche nelle nostre Chiese di guerra santa o di guerra giusta. Oggi non si può parlare così. Si è sviluppata la coscienza cristiana della importanza della pace».
Senza entrare nelle questioni sulla dottrina della “guerra giusta”, prevista dal Catechismo della Chiesa Cattolica entro limiti ben precisi, qui ricordiamo semplicemente che già Pio XII nel 1954 precisava che quando è in gioco una guerra atomica, biologica, chimica «non si può nemmeno porre la questione delle legittimità tranne nel caso in cui si debba ritenere essenziale difendersi nelle condizioni indicate. Anche in questo caso, tuttavia, è necessario compiere ogni sforzo per evitarla attraverso accordi internazionali o per porre limiti abbastanza chiari e stretti al suo utilizzo in modo che i suoi effetti, tuttavia, rimangano limitati strettamente ai requisiti della difesa. Quando l’implementazione di questo mezzo porta a una tale estensione del male che sfugge completamente al controllo umano, il suo uso deve essere respinto come immorale. Qui non è più una difesa contro l’ingiustizia e la necessaria salvaguardia dei beni legittimi, ma il completo annientamento di tutta la vita umana nel raggio d’azione. Ciò non è consentito in alcun modo».
Le parole di Francesco davanti a Kirill sono parole che giustamente mirano a «far tacere le armi» e mostrano come la Santa Sede sia stata disposta a pagare un prezzo “morale” (nei vari pronunciamenti non è mai stata citata direttamente la Russia come “aggressore”) pur di tenere aperto il suo canale ecumenico e una via per la pace.
È significativo che il giorno dopo l’annuncio della Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria di Russia e Ucraina da parte del Papa, ieri il Patriarca Kirill ha inviato una lettera ai fedeli della Chiesa ortodossa russa perché durante la Grande Quaresima si preghi per l’intercessione della Theotokos per la pace. Sarà Lei, la Regina della Pace, a trionfare?
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