Pubblichiamo uno stralcio del discorso che il Patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia, ha tenuto alla Città lo scorso 20 dicembre in basilica cattedrale di San Marco, prima del tradizionale concerto natalizio della Cappella Marciana (fonte: Patriarcato di Venezia)
[…] Natale è la contestazione radicale di un mondo autoreferenziale che si pone come autocostruzione da parte dell’homo faber che vuole essere dio a sé stesso. Così si parla di transumano e post-umano, aprendo a scenari allarmanti; l’uomo diventa “misura” di tutto e di tutti. Questo è l’oggi che ci interpella, inquieta, sfida.
Dostoevskij diceva – cito a senso – che l’uomo è in grado di realizzare le proprie possibilità solamente se non si sostituisce a Dio e ne riconosce la trascendenza. Natale è l’inizio di tale cammino.
La tarda modernità segna il “liquefarsi” della persona e il trionfo dell’individuo. Dal Cogito ergo sum (di Cartesio) al Dio è morto (di Nietzsche), alla verità non più intesa come criterio o fine ma come qualcosa che si costruisce. Pensiamo alla XI tesi di Marx su Feuerbach: “I filosofi hanno [finora] solo interpretato diversamente il mondo; ma si tratta di trasformarlo”. Ernst Bloch, poi, con la sua capacità di persuadere, ha sviluppato questi pensieri per cui la verità non è quello che conosciamo ma quello che facciamo e, quindi, non è qualcosa da ricercare e contemplare ma un’istruzione per intervenire.
È inquietante che l’uomo pensi di essere lui il costruttore della verità. Qui c’è la spiegazione a tante cose che accadono nel mondo; l’uomo non è, quindi, colui che è in umile ricerca ma colui che “inventa” e impone la verità. Qui, lo ripeto, c’è più di una risposta a domande attuali e urgenti: dove stiamo andando? Perché la guerra?
La guerra – diventata, ormai, cronaca quotidiana – ci fa vedere quanto male può fare l‘uomo. E di uomini sbagliati, al posto sbagliato, nel momento sbagliato, la storia ne conosce più di uno. Intanto uomini, donne, bambini e vecchi continuano a morire; ieri era il Covid, oggi è la guerra. Quale sarà il prezzo?
Il Natale è il rifiuto del potere dell’uomo sull’uomo, ossia prendere le distanze dalla tecnoscienza che rivendica a sé il criterio etico; è contestare le inaccettabili concentrazioni finanziarie, è rifiutare il monopolio (esplicito o mascherato) dei grandi network che impongono la loro narrazione, anestetizzando la società e riducendo la democrazia a pura forma e calcolo numerico.
Anche quest’anno contempleremo il presepe; non importa quali saranno le sue dimensioni o se sarà o meno un’opera d’arte. Conta, invece, il messaggio che ci dà o, meglio, che lasciamo ci dia.
Dinanzi al presepe si sta con la propria storia, fatta di giudizi e di pregiudizi, di violenze subite o inflitte, di ricordi e nostalgie, di aspettative e speranze. Ogni storia, comunque, dinanzi al presepe, merita d’essere raccontata, anche la nostra.
Il presepe appartiene non all’impossibile ma all’improbabile che accade. Esso ci dice di un bambino accolto da una giovane donna – che non pensava di diventare madre ma che acconsente a quel bambino – e un giovane uomo che si prende cura d’entrambi. Dio entra nelle loro vite ed essi iniziano a camminare insieme. Natale è camminare insieme con Dio e rispondere al suo invito: “Se vuoi…”.
Siamo creature fatte di luci e di ombre, di bene e di male, di risorse e di limiti; siamo ciò che mangiamo ma siamo anche cultura, scelte etiche, apertura all’altro e a Dio.
La mitologia greca racconta di Narciso che s’innamorò della sua immagine rifiutandosi di guardare oltre. Il Natale rompe questo incantesimo e invita ad uscire da noi stessi perché solo nella relazione con l’Altro (Dio) e gli altri (gli uomini) ci ritroviamo, ci rinnoviamo, ci salviamo e, anzi, ci lasciamo salvare.
Guardiamo al presepe e impariamo a camminare insieme come umili ricercatori della verità, del bene, del giusto, del bello. È questo l’augurio di Natale che ci scambiamo sotto le cupole di questa splendida basilica, emblema della nostra città veramente unica. […]
*Patriarca di Venezia
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