È possibile affrontare con leggerezza e, al tempo stesso, con rigore e profondità, il tema della crisi della famiglia contemporanea? Andrea Torquato Giovanoli, ancora una volta, ci è riuscito. Con il suo brillante volumetto La sindrome del panda. Manuale di maschilismo reazionario (Gribaudi, 2016), lo scrittore milanese completa una trilogia iniziata con Nel nome del padre (2014) e Non più due (2016), approfondendo il medesimo tema, sotto una diversa angolatura.
Il punto di partenza proposto dall’autore è la crisi di identità del maschio odierno, che da almeno quarant’anni a questa parte, sta perdendo la sua autorevolezza e il senso del suo ruolo nella famiglia e nella società. In una cultura iperfemminilizzata, il maschio è diventato “homo inspiens”, una sorta di “bambino troppo cresciuto, che vive ritirato nel suo monolocale in totale simbiosi col divano, compulsando con la playstation e nutrendosi di pizza e di birra (rigorosamente consegnate a domicilio”. Specularmente, la donna ambisce sempre più a ruoli maschili, è spesso aggressiva e prevaricatrice, ma non per questo è felice o realizzata.
La natura, però, determina uomo e donna strutturalmente, biologicamente e psicologicamente diversi, eppure destinati ad avere bisogno l’uno dell’altra. Mentre l’uomo è “custode del Giardino” ed ha la vocazione alla conquista e all’autorità, la donna detiene la “signoria della relazione” e della generatività. Se il cervello maschile elabora in modo lineare, con limitati interscambi tra l’emisfero della razionalità e quello dell’affettività, nel cervello femminile, le interazioni tra i due emisferi sono più frequenti e ciò determina la proverbiale “complessità” della donna.
Come nelle sue opere precedenti, Giovanoli riporta numerosi episodi attinti alla quotidianità della sua famiglia e lo fa con il consueto registro semiserio, oscillante tra l’ironia sferzante e la capacità di stupirsi e commuoversi. Ai confronti, anche vivaci, con la moglie, alle incomprensioni coniugali e le relative riappacificazioni, l’autore affianca l’attenta osservazione del comportamento dei tre figlioletti, con le inevitabili differenze che già emergono in tenerissima età: mentre i due maschietti sono concentrati sul gioco (ad esempio il lego) nella sua funzionalità e progettualità, la sorellina accoglie il momento ludico principalmente come occasione per relazionarsi con i fratelli, per guadagnarsi la loro attenzione.
Dalle problematiche di ogni giorno, gradualmente l’autore risale alle verità ultime della Bibbia e ne coglie aspetti simbolici spesso poco trattati nelle catechesi: mentre l’uomo è creato dalla terra ed è quindi vocato a custodirla e fecondarla, la donna nasce dalla carne e privilegia lo sviluppo dell’affettività. Quando nella Genesi, Dio afferma: “Non è bene che l’uomo sia solo, voglio fargli un aiuto che gli sia simile” (Gen 2,18), troviamo una chiave di lettura fondamentale nella comprensione delle diversità tra i sessi. Il maschio viene creato da solo e parrebbe già accontentarsi della sua solitudine ed autonomia; egli però non sa di aver bisogno di un aiuto; ecco dunque la donna che, al momento della sua creazione è da subito al suo fianco, lieta di sacrificarsi per il compagno. È per questo che l’uomo, per imparare ad amare, deve vincere il suo naturale egoismo e “morire” per la propria sposa, mentre la donna deve contenere la sua inclinazione al controllo e rispettare la libertà d’azione del suo uomo.
La sindrome del panda è un libro leggero, accessibile a chiunque, eppure rivela la robusta cultura dell’autore, assieme alla sua capacità di attualizzazione del Vangelo e delle Scritture rispetto alle sfide antropologiche attuali che, per quanto complesse ed aggressive, non potranno mai stravolgere del tutto il dato della diversità tra i due sessi e della reciproca vocazione all’amore. Un libro politicamente scorretto che, con ironia dissacrante, demolisce tanti totem mondani, prodotto della mentalità corrente, e restituisce il vero senso del sacro dell’esistenza umana, sul piano naturale, prima ancora che sovrannaturale.