Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995) è il principale e più significativo esponente della scuola di pensiero contro-rivoluzionaria cattolica della seconda metà del secolo XX, quella che della fedeltà al Magistero, dell’appartenenza orgogliosa e mai pavida alla Chiesa di Roma e del rispetto integrale del diritto naturale fa una bandiera.
Un suo testo, per certi versi “perduto”, risalente al 1965, ovvero Trasbordo ideologico inavvertito e dialogo, mostra invece la piena attualità oggi, e pure – ponendo appunto mente alla data di pubblicazione originaria – la decisa inclinazione profetica del suo autore.
Il libro (recentemente ristampato a Napoli dalle Edizioni Il Giglio ma anche reperibile gratuitamente in formato elettronico al sito Internet dell’Associazione Luci sull’Est, che al magistero pliniano s’ispira) descrive infatti con perizia e cura le tecniche di affermazione mediatica, sociale e culturale delle prospettive ideologiche che mirano a sovvertire la natura e l’operato buono dell’uomo: il socialcomunismo ieri – cioè quando il libro fu scritto e pubblicato, giacché il socialcomunismo era la fase ideologica allora cogente e urgente –, ma analogamente oggi, sul piano appunto della tecnica, per il pensiero relativista che si rivela nelle opzioni ecologista, animalista e soprattutto omosessualista fra “teorie del gender” e rifiuto radicale della natura umana data e normativa.
Si stratta di un sapiente studio delle strategie di propaganda e delle tattiche di marketing elaborate per riuscire a imporre il volere e la sensibilità di una minoranza agguerrita alle “maggioranze silenziose”, e in questo modo muovere passi da giganti, in tempi tutto sommato brevi e con mezzi spesso limitati, sulla strada della conquista del potere.
Mai come oggi se ne vedono l’efficacia pratica e le conseguenze disastrose nell’anestetizzazione delle coscienze, nella relativizzazione dei princìpi primi, nella trasmutazione di tutti i valori.
Imparare a riconoscere e a conoscere queste tecniche di sovversione, particolarmente adatte e quindi efficaci nelle società occidentali, serve però a contrastarle meglio. Magari persino a imitarle, fin dove esse sono imitabili, nel “fare”, purché quel che “si fa” sia un “fare” diverso, alternativo, speculare. Il bene al posto del male, onde passare dalle avanguardie malvage alle minoranze creative.