Dietro le conigliette un lupo. Dietro l’industria della pornografia la perversione mentale che sfiora neanche troppo velatamente la maniacalità. Il faraonico fondatore di Playboy, Hugh Hefner, nonché grande promotore e finanziatore dell’aborto negli Stati Uniti, spiato negli aspetti più nascosti – avrei voluto dire “più intimi”, ma mi sembra paradossale – da una docu-serie in dieci puntate trasmessa da A&E dal 24 gennaio. Gli episodi presentano le testimonianze delle donne associate a Hefner, tra cui Jennifer Saginor, Holly Madison e PJ Masten, un’ex “coniglietta mamma” responsabile dell’addestramento delle giovani donne che sono diventate conigliette di Playboy.
“Paladino della libertà sessuale”, della sua però. Holly Madison, che è apparsa come una delle “fidanzate ufficiali” di Hefner nel reality show Girls of the Playboy Mansion, ha paragonato la vita all’interno dei suoi quasi duemila metri quadrati di villa a «un culto», dove si viveva tagliati dal mondo esterno, ovattati in una realtà infernale. Coprifuoco, divieto di ingresso da parte di estranei, insomma, una sorta di libertà vigilata. Il documentario non nasconde che nella villa si faceva frequentemente uso della droga sedativa denominata “Quaalude”, in modo che le ragazze accettassero di avere rapporti sessuali con diverse persone, «manipolava e drogava le donne costringendole a partecipare a orge degradanti pensando che fossero di sua proprietà». È stato il caso di Sonda Theodore, fidanzata di Hefner negli anni Settanta, che ha ricordato di aver fatto ricorso a Quaalude e droghe per resistere al ritmo delle orge quotidiane imposte dal fondatore di Playboy.
Quando ancora il revenge porn non aveva un nome, Hefner già conservava video di contenuti sessuali ottenuti senza consenso per ricattare le donne. Crystal, vedova di Hefner, ha confermato questo fatto con un tweet in cui scrive «ho trovato migliaia di quelle foto usa e getta di cui parla Holly Madison. Le ho immediatamente distrutte per te e per le innumerevoli donne riprese. Non ci sono più».
Sembra assurdo pensare che Crystal Hefner sia stata definita “femminista”, ma è proprio questo il volto di quel femminismo che gira intorno al corpo della donna, che taglia fuori l’anima. Spesso più ferita del resto, in queste circostanze. Non ha esitato infatti a rinfoltire il portafoglio che sostenta l’aborto, la multinazionale Planned Parenthood, accusata di traffico di organi e tessuti di bambini abortiti nelle sue strutture, è elencata come una delle organizzazioni che attualmente sostengono la “Hugh M. Hefner Foundation” . Non c’è che dire, si danno un bel daffare: anche il Guttmacher Institute, un’organizzazione per l’aborto che prende il nome da Alan Frank Guttmacher, presidente di Planned Parenthood e vicepresidente dell’American Eugenics Society, riceve sostegno dalla fondazione di Hefner. Il compianto avvocato Harriet Pilpel, consulente legale di Planned Parenthood, è stato tre volte giudice per gli Hugh M. Hefner First Amendment Awards. In un’intervista del 2010 alla rivista Vanity Fair, Hefner ha ricordato che «eravamo amicus curiae, nel (caso) Roe v. Wade, che ha dato alle donne il diritto di decidere».
Eh sì, meno male che ci hanno pensato loro alle donne. La rovinosa eredità di Hugh Hefner è stata già ricordata da Bill Donohue, presidente della Lega cattolica degli Stati Uniti, in un articolo pubblicato il 28 settembre 2017 dopo la morte del fondatore di Playboy, «Chiunque pensi che l’eredità di Hefner sia un’eredità di liberazione deve spiegare perché coloro che erano più propensi a praticare la sua filosofia hanno finito per essere tutt’altro che fari di felicità. Vuoi una prova? Basta chiedere agli psichiatri e alle pompe funebri di Hollywood», scrisse Donohue all’epoca.
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