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Il latinista numero 1 del Vaticano? Viene dagli Usa. Ma la salute del latino nella Chiesa è quella che è
NEWS 1 Aprile 2015    

Il latinista numero 1 del Vaticano? Viene dagli Usa. Ma la salute del latino nella Chiesa è quella che è

di Mauro Pianta

 

Il più bravo a maneggiare la lingua latina? «Papa Benedetto, conversatore amabile e perfetto». Papa Francesco? «E’ una leggenda che non gli piaccia, anzi lo conosce benissimo e corregge anche, ma lo parla poco». Se lo dice lui, c’è da fidarsi. Perché padre Daniel Gallagher, 45 anni, statunitense del Michigan, è l’uomo che confeziona i tweet del Pontefice nella lingua di Cicerone e che in Vaticano, nella Segreteria di Stato, dirige altri sei sacerdoti dell’Ufficio Lettere Latine, l’unico ufficio al mondo dove gli impiegati parlano latino tra loro. Qui, come racconta il sacerdote in un’intervista a Famiglia Cristiana, si scrivono e si traducono in latino i documenti.
 
Guai, con loro, a parlare di lingua morta. Padre Gallagher, che ha anche tradotto “Diario di una schiappa”, il libro per ragazzi di Jeff Kinney best seller da milioni di copie in tutto il mondo la cui edizione in latino verrà presentata a Bologna la prossima settimana, insorge: «Sarebbe morta se noi non ci fossimo e se non ci fosse la Chiesa cattolica». «I nostri maestri – spiega – ci hanno abituati a parlare e a pensare in latino traendo dall’ampio tesoro dei testi classici e cristiani parole, regole, strutture e quando non le trovavamo allora si poteva inventare». Dice che una lingua deve acquisire “humanitas” e che non è vero che il latino è una “lingua sacra”, cioè “immutabile”: «E’ sacra perché la parlava la gente e non perché Dio l’ha fatta cadere dal cielo in una scatola. Piuttosto siamo noi ad averla sacralizzata nei secoli». Un’operazione che secondo il sacerdote è stata un errore. «E sa perché? Perché – dice – la Chiesa non è di nessuno, non è di Barnaba, non è di Pietro, e il latino rappresenta l’essenza dell’universalità, il latino non è la madre lingua di alcuno».
 
 
La sua preoccupazione è tenerla viva, anche se oggi nella Chiesa la pratica del latino si assottiglia sempre di più. Basti pensare che in tutto il mondo sono cinque mila le persone che lo parlano correntemente. Tutti preti? Macché. I sacerdoti non saranno più di duecento e i cardinali si contano sulle dita di una mano.
 
Benedetto XVI, che pure è il più bravo in latino, fece la rinuncia al ministero petrino e commise un errore sul quale ancora oggi c’è chi s’accapiglia, giustificando con quell’errore l’invalidità della sua decisione e quindi la successiva elezione di Bergoglio. Gallangher sorride e spiega: «Ha sbagliato una concordanza del dativo “declaro me ministerio…commissum rinuntiare”, mentre doveva dire commisso, errore da matita rossa e non blu, capita anche ai grandi».

Il profilo twitter di papa Francesco in latino è più seguito di quello dell’arabo, del polacco e del tedesco con quasi 335 mila followers e sta insidiando il francese. Gallagher ammette che per molti può essere una scelta un po’ snob, ma poi diventa serio: «Abbiamo riscontri da tutto il mondo che molti docenti di latino delle scuole li utilizzano per ragioni didattiche. Costruire una frase di 140 caratteri è un esercizio utile. Anche per noi». In realtà più che un esercizio è una sfida, perché prima bisogna scegliere quale sintassi e struttura linguistica utilizzare. Padre Gallagher s’appassiona: «Il latino non è tutto uguale e noi possiamo utilizzare il latino di Cicerone o quello di Virgilio, oppure il latino di Plauto o Terenzio, più popolare e più adatto alle frasi brevi, oppure quello più legalistico. Per i tweet ci ispiriamo a Terenzio, qualche volta rubiamo da Marziale i cui epigrammi erano al suo tempo tweet efficacissimi».

E se devono inventare perifrasi, e con papa Francesco il cimento è quotidiano, non si sottraggono: «Un mattino ci arriva la frase ‘non esiste un cristianesimo low cost’, cioè a basso prezzo. Impegnativa. Ce la siamo cavata con ‘nulla pretii parvi cristiana reperitur religio’, dove reperitur sta per immaginarsi e quindi la religione cristiana non si può immaginare per nulla a poco prezzo”. E prima o poi toccherà anche a “mafiarsi”, a “giocattolizzare la religione” e alla corruzione che “spuzza”». Auguri.