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Il grido disperato di padre Bazi da Erbil: «In Iraq è un genocidio sistematico. Non restate a guardare»
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17 Giugno 2016

Il grido disperato di padre Bazi da Erbil: «In Iraq è un genocidio sistematico. Non restate a guardare»

«Rimanere in silenzio vuol dire condividere le idee di chi ci perseguita. Allora non rimanete in silenzio. Se potete non limitatevi a guardare, fate qualcosa». Così padre Douglas Bazi, sacerdote dell’arcidiocesi caldea di Erbil, accoglie l’invito di Aiuto alla Chiesa che Soffre e chiede alle istituzioni italiane di riconoscere ufficialmente come genocidio quello compiuto dallo Stato Islamico ai danni delle minoranze religiose in Iraq e Siria.

Dopo la Chiesa siro-cattolica, rappresentata dall’arcivescovo di Mosul monsignor Petros Mouche, anche quella caldea aderisce dunque alla campagna lanciata nei giorni scorsi da ACS. «Un tale riconoscimento è necessario – aggiunge padre Bazi – innanzitutto perché si deve avere il coraggio di dire la verità: quello in atto è un genocidio».

Il sacerdote iracheno ha vissuto sulla propria pelle il dramma dei cristiani iracheni. Nel 2006 è stato rapito e torturato da alcuni estremisti, mentre dall’agosto 2014 gestisce due centri di accoglienza per i rifugiati cristiani fuggiti dalle violenze dell’Isis ad Ankawa, sobborgo di Erbil.

Ad ACS spiega che il riconoscimento del genocidio, da parte dell’Italia e in generale della comunità internazionale, avrebbe effetti nel breve e nel lungo periodo. «Nell’immediato spingerebbe il governo iracheno a stanziare maggiori aiuti per l’emergenza. La mia gente vive in caravan prefabbricati da ormai 18 mesi ed ha bisogno di case, di assistenza medica, di dignità». Nel lungo periodo un simile provvedimento potrebbe fare in modo che il governo di Bagdad conceda pari diritti e libertà religiosa alle minoranze religiose, donando loro una prospettiva di vita nel paese.

Padre Bazi chiama inoltre in causa le responsabilità della comunità internazionale in merito alla recente storia irachena e alla sorte dei cristiani. «Nel 2003 hanno deciso di attaccare l’Iraq per liberarci da un dittatore, ma da quel giorno il paese è sprofondato in un tragico conflitto settario. Noi cristiani allora eravamo un milione e 300mila, oggi siamo appena 200mila. Quindi, per favore, prendetevi le vostre responsabilità, aiutateci».

Nel fare appello ancora una volta alle istituzioni italiane affinché riconoscano il genocidio, padre Bazi ribadisce nuovamente la vera sorte delle minoranze in Iraq e in Siria. «Non guardate a noi come alle vittime di un conflitto. Non sarebbe giusto. Quanto accade è un genocidio sistematico».

Roma, 16 giugno 2016

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