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22.12.2024

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«Il cristiano sa che la morte non ha l’ultima parola»
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22 Marzo 2020

«Il cristiano sa che la morte non ha l’ultima parola»

Il cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale emerito di Sua Santità per la diocesi di Roma, è intervenuto a “TG2 Post”, il talk di approfondimento condotto da Manuela Moreno. Di seguito il testo dell’intervista ripreso dal blog del vaticanista Sandro Magister.

Cardinale, in questa emergenza l’Italia ha forse riscoperto anche dei piccoli tesori che sono nascosti dentro le nostre case. È così?

Sì, io credo che questo momento veramente tragico ci induce a riscoprire l’importanza del rapporto con Dio e quindi della preghiera. Io almeno lo vivo così: un momento nel quale con tutto il cuore mi affido al Signore e alla sua misericordia.

Ma come possiamo fare perché questo momento drammatico si trasformi in una risorsa, in una riscoperta anche della nostra umanità, dei nostri sentimenti, del mutuo soccorso?

Io credo che questo momento ci spinge alla solidarietà. Tutti comprendiamo che siamo sulla stessa barca, che dobbiamo cercare di aiutarci l’uno con l’altro, perché questa è una questione di vita o di morte. E qui di nuovo la fede può esserci di grande aiuto, perché la fede ci dice proprio questo, che siamo tutti fratelli, figli di un unico Padre, che veglia su di noi. E noi dobbiamo credere in questo, credere che non siamo soli, non solo perché ci sono altre persone con noi, ma anche perché di fronte alla morte il cristiano sa che la morte non ha l’ultima parola. Bisogna pur dirlo questo, perché quando si parla di centinaia di morti, e naturalmente di tante persone che perdono i loro cari, questo interrogativo si pone inevitabilmente: con la morte finisce tutto? oppure la morte è un passaggio, che è doloroso, drammatico, ma è verso la vita? È per questo che Cristo risorto è la nostra grande speranza, è il punto di riferimento. Attacchiamoci a lui! Crediamo in lui!

Molti fedeli in questo momento sono anche un po’ disorientati, perché per evitare i contagi non possono neanche incontrare Dio in chiesa. Qual è il conforto che possiamo dare a chi in concreto non riesce a vivere la sua religiosità, la sua fede in chiesa?

Io credo che possiamo trovare Dio nella nostra coscienza. Gesù ha detto: quando preghi, chiuditi nella camera tua e prega. Le circostanze esterne sono importanti, certo, è importante l’andare in chiesa, ma è importante soprattutto il rapporto interiore con Dio. Vorrei sottolineare l’importanza della fiducia. Non dobbiamo perdere fiducia. È vero che questo coronavirus ci ha in qualche modo sconfitti, per ora. Ma è anche vero che l’uomo saprà vincere. Saprà vincere attraverso la solidarietà reciproca, certamente, ma anche attraverso il suo ingegno, l’ingegno dell’uomo che viene da Dio e che ci farà trovare i rimedi anche per il coronavirus. Si tratti di una terapia, di un vaccino, o di quello che sia, non so quando questo avverrà, ma sono convinto che supereremo anche il coronavirus, e per questo dobbiamo avere fiducia e chiedere al Signore di farci impiegare al meglio le capacità che ci ha dato.

Abbiamo visto domenica scorsa le immagini di papa Francesco per le vie deserte di Roma, l’abbiamo visto pregare davanti al Crocifisso di San Marcello, a Santa Maria Maggiore. E oggi ha rilasciato un’intervista a “la Repubblica” in cui ha parlato della concretezza delle piccole cose, di trasformare questo isolamento per scoprire un tesoro. L’esortazione era nel titolo: “Non sprecate questi giorni difficili”. Come si fa, cardinale?

Questi giorni ci offrono degli spazi nuovi. Mentre siamo chiusi in casa, mentre dobbiamo rinunciare alle nostre solite attività, abbiamo più tempo per dedicarci ad altre cose. E una di queste è certamente riscoprire i rapporti reciproci, riscoprire i nostri affetti, le nostre amicizie, i valori che ci tengono uniti. E come dicevo prima, nella stessa linea va la riscoperta del nostro rapporto con il Signore. Quindi in questo modo possiamo certamente mettere in positivo, mettere a valore, anche quelle cose che dobbiamo subire per rispettare le regole e per combattere il coronavirus. Vorrei anch’io dire che è molto importante che, come ha detto il papa, ciascuno di noi cerchi di fare quanto gli è possibile, che ciascuno di noi sappia che è anche responsabilità sua. Ogni uomo è libero, ogni uomo è responsabile. Dobbiamo essere consapevoli di questo e non lasciarci mai andare. Vi sono purtroppo degli esempi anche molto negativi – dobbiamo dirlo in questa circostanza – di persone che approfittano del disastro per cercare di lucrare qualche irrisorio vantaggio personale, economico. Ma di fronte a questo ci sono tante testimonianze positive, pensiamo ai medici, agli infermieri, ma non solo a loro. Ebbene, questo provoca anche la nostra libertà. Noi siamo persone libere, possiamo decidere consapevolmente di usare bene tutte le risorse che abbiamo, anche nel senso della solidarietà e dell’aiuto a chi ha più bisogno di noi.

Cardinale, molte persone ci lasciano a causa di questo maledetto virus e la cosa più triste è che se ne vanno in solitudine. Spesso non c’è neanche la possibilità di avere un funerale.

Questo è veramente molto triste: non poter essere vicini ai propri cari che ci lasciano. Speriamo che le persone che si trovano lì, i medici, gli infermieri, dicano loro una parola buona, che attraverso di loro sentano che non sono abbandonati. E soprattutto vorrei pregare il Signore che faccia sentire a loro che lui è vicino e li aspetta, come il Padre aspetta il proprio figlio che torna a casa, come il Padre della parabola aspettava il figliol prodigo, come Abramo aspettava il povero Lazzaro che moriva.

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