di François Billot de Lochner *
Diciamo le cose con chiarezza: troppo spesso nelle nostre battaglie in difesa dei valori ci sentiamo soli. Molto soli. Troppo soli. Terribilmente soli! Che si possa essere violentemente criticati da coloro che ci combattono, è nella logica delle cose, ma che si sia regolarmente attaccati e contrastati con forza da coloro che, secondo logica, dovrebbero formare un fronte comune e unito con noi resistenti, questo pone qualche problema.
Ecco qualche esempio fra molti:
Mentre lottiamo con tutte le forze e con i pochi mezzi che abbiamo contro lo tsunami della pornografia, avremmo piacere che la Chiesa ci spalleggiasse e appoggiasse gridando forte assieme a noi la sua contrarietà. Invece purtroppo sentiamo solo sporadicamente qualche flebile, troppo flebile grido.
Mentre organizziamo da anni delle conferenze mensili all’Espace Bernanos di Parigi, e siamo brutalmente allontanati dal curato proprietario del luogo, perché ci considera ormai persone non gradite, anche se i nostri ultimi invitati erano i responsabili di Aiuto alla Chiesa che soffre, o di Radio Notre Dame, o della fondazione Lejeune, o di altre istituzioni di «resistenza cattolica», questo sottomettersi al politicamente corretto ci rattrista molto.
Mentre una rivista sedicente cattolica rifiuta di pubblicare le nostre osservazioni sui candidati alle primarie di novembre, quando il responsabile rivendica la sua cattolicità, non possiamo fare a meno di porci delle questioni su quale significato abbia la parola “cattolico”.
Mentre lo scorso settembre è stato creato il collettivo On Ne Lâche Rien (Non si lascia nulla di intentato), per l’abrogazione della funesta legge Taubira, che rimane al centro del nostro combattimento politico per le elezioni nella primavera 2017, abbiamo dei forti dubbi sulla capacità di coloro che si dicono resistenti a questa spaventevole legge, sulla loro capacità di resistere davvero.
Quando i vescovi, nello scorso settembre, hanno pubblicato una lettera che è paragonabile per resistenza a quella della Linea Maginot di fronte alle forze di invasione tedesca, possiamo ragionevolmente porci un importante interrogativo: chi resiste davvero oggi?
Un ultimo esempio, come ciliegina sulla torta: quando il Tribunale Ecclesiale Popolare di Bayonne, composto di novanta preti, autoproclamatosi giudice, mette sotto accusa il vescovo del luogo, il coraggiosissimo Monsignor Marc Aillet, questo ritorno inatteso del vento cattivo del maggio del 68, o ancor peggio, del Tribunale rivoluzionario del 1793, non può che lasciarci allibiti.
Il sermone di quel giovane prete, che abbiamo citato all’inizio, ravviva in noi la fiamma della Speranza, perché ci ricorda l’eroica figura di padre Popieluszko, così da diventare suoi emuli. Perché lui, lottando solamente con il suo megafono contro le Forze del Male, che hanno insanguinato la Polonia, non ebbe timore dei se e dei ma o dei può essere, ma diceva la Verità, liberata da tutte le scorie che la coprivano. Così prendendo su di sé tutti i rischi, egli fustigava quotidianamente il tremendo regime comunista che tentava di soffocare il suo paese. Per questo fu torturato e poi ucciso in un modo atroce. Il suo sacrificio non è stato vano. Ha infatti contribuito in modo notevole al crollo di quella brutale dittatura.
Se il nostro paese continua nella sua caduta (Ma il paragone è utile anche per l’Italia e l’Europa. N d t), saranno necessari molti meno se, ma, può essere, e una maggior quantità di veri resistenti che sanno dire le cose con verità, a loro rischio e pericolo.
A questo riguardo, il sermone del 4 dicembre è come una bella luce che brilla nella notte in cui vive attualmente la Francia. Notte di sottomissione di gran parte delle elite al politicamente corretto, e dunque all’inevitabile declino del nostro paese.
* Presidente della Fondazione di Service politique, de Liberté politique e di France Audace
[Traduzione di Claudio Forti]