Domenica 13 ottobre papa Francesco proclamerà cinque nuovi santi della Chiesa, tra i quali John Henry Newman (1810-1890), che nel corso della sua vita si convertì dall’anglicanesimo al cattolicesimo, entrando a far parte degli Oratoriani. Teologo, filosofo e scrittore molto prolifico, ma soprattutto pastore umile e vicino alle anime a lui affidate, Newman venne creato cardinale nel 1879 da papa Leone XIII, e celebre è rimasto il suo motto «Cor ad cor loquitur» («Il cuore parla al cuore»). Ma, oggi, questo gigante della fede del XIX secolo ha ancora qualcosa da dire al mondo? Il suo pensiero merita ancora di essere conosciuto e ascoltato?
Questo interrogativo trova risposta in una intervista a Jack Valero, coordinatore della stampa e dei media del Comitato di Canonizzazione di Newman, pubblicata su Crux. Secondo Valero, infatti, «Newman è un santo molto moderno. Visse nel diciannovesimo secolo, l’età del razionalismo, l’età di Darwin e Marx, un’era che capì profondamente. I suoi scritti aiutano le persone ad avere fede in un momento in cui è difficile credere in Dio, come ora». Infatti, allora come ora, l’adesione a Dio e alla propria vocazione non è mai facile e scontata, bensì è una sfida quotidiana: una sfida che, per il cardinale tanto affezionato alla figura gioiosa e calorosa di San Filippo Neri, risulta essere agevolata se si è accompagnati da persone amiche che si facciano veicoli e testimoni della fede. Una prospettiva, questa, che secondo Valero fa sì che «oggi Newman abbia un seguito tra tutti i tipi di cattolici, compresi alcuni che sono più conservatori e altri che si considerano progressisti. In un’epoca di grande polarizzazione, anche all’interno della Chiesa, Newman può essere una figura unificante che può parlare efficacemente alle diverse sensibilità cattoliche e avvicinarle a Dio».
Fine pensatore, Newman si distinse in particolare per le sue posizioni in materia di educazione e per la sua visione rispetto al ruolo dei laici all’interno della Chiesa: il cardinale sognava infatti un «laicato non arrogante, non avventato nel linguaggio, non controverso, ma uomini [e donne] che conoscono la loro religione, che vi entrano, che sanno esattamente dove si trovano, che sanno cosa detengono e cosa no, che conoscono così bene il loro credo da poterne rendere conto, che conoscono così tanta storia che possono difenderla». Insomma, Newman riteneva importante che i laici fossero dei testimoni viventi di Cristo in ogni contesto laddove erano chiamati a operare, dando in questo molto peso alla coscienza personale, che riteneva essere «non un sentimento soggettivo, bensì la voce di Dio interiore». «Questi insegnamenti», chiosa Valero, «sono stati anche la base dell’azione politica di molte persone, come la resistenza antinazista della Rosa Bianca a Monaco di Baviera negli anni ‘40. Iniziato da Sophie Scholl e dai suoi amici, è stata la loro lettura di Newman […] che ha ispirato questi giovani studenti a dare la vita per la verità. Molti politici e persone nella vita pubblica si sentono ancora aiutati dagli insegnamenti di Newman sulla coscienza e l’integrità, cercando la verità ovunque possa condurre».
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