Soldati da tutto il mondo hanno pregato per la pace a Lourdes, dove si è svolto il 62° Pellegrinaggio Militare Internazionale dal 12 al 15 maggio. Ieri l’evento di preghiera si è concluso con la Messa celebrata dal cardinale Péter Erdő, primate di Ungheria e arcivescovo di Budapest.
Al pellegrinaggio hanno preso parte più di 10.000 soldati provenienti da 38 nazioni, gli italiani che vi hanno preso parte sono stati circa 3500 accompagnati da 70 cappellani militari sotto la guida del vescovo Santo Marcianò. Arrivato anche un saluto da parte di Papa Francesco a firma del cardinale Pietro Parolin, in cui si ricorda che «coraggio, fortezza e intelligenza strategica sono valori militari da coltivare anche nella nostra lotta interiore per la conversione del cuore e per una cultura di pace».
Nell’omelia conclusiva il cardinale Erdo ha sottolineato che «sempre nella storia, ma soprattutto ora, quando la guerra distrugge l’Europa, sentiamo il bisogno dell’aiuto di Dio e del patrocinio materno della Beata Vergine Maria». Poi ha ricordato l’esempio dei santi come via per l’unità delle nazioni, quindi ha ripreso le parole di Giovanni Paolo II sull’Europa che deve imparare a respirare a due polmoni, quello occidentale e quello orientale. «Abbiamo bisogno di condividere gli uni con gli altri», ha ricordato il porporato, «le esperienze e i doni di grazia che abbiamo acquisito attraverso la fede».
La pace di Cristo, ha proseguito, «non è ciò che il mondo è solito intendere. Perché il mondo chiama spesso “pace” la vittoria dei poteri egoistici. La pace di Cristo si basa sulla giustizia e sull’amore».
Offrendo l’esempio di San Luigi di Francia, «apostolo della riconciliazione e della giustizia», il cardinale Erdo ricorda che oggi c’è ancora bisogno di sforzi in questo senso. «Tutta l’Europa deve riscoprire i suoi ideali: un quadro completo dell’uomo, del bene comune e, su tale base, della giustizia, senza il quale non c’è né vera pace né vera libertà».
«Ma siamo in pellegrinaggio militare», si è domandato Erdo, allora «cosa può fare un soldato per una pace giusta? La Chiesa ha precedentemente sviluppato insegnamenti dettagliati sulla guerra giusta e sull’applicazione equa delle sanzioni o della repressione. Dal 20° secolo in poi, la proliferazione delle armi di distruzione di massa è diventata un nuovo problema. È emerso anche un nuovo tipo di giustificazione per una guerra giusta, ovvero l’intervento umanitario. Tuttavia, questo è accettabile solo se, secondo l’insegnamento di Papa Giovanni Paolo II: queste iniziative sono limitate nel tempo, si prefiggono obiettivi precisi, sono realizzate nel pieno rispetto del diritto internazionale, è garantito da un’autorità sovranazionale, e non ci si affida in alcun modo alla logica delle sole armi». (cfr Giovanni Paolo II, Paix sur la terre,8 dicembre 1999, 11: AAS 92, 2000, 364).
Infine, il cardinale ha ricordato come la Santa Sede sia impegnata sempre nel tentativo di risolvere i conflitti. Importante il viaggio in programma per il prossimo 18 maggio, quando l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, sarà a Kiev. Proprio del viaggio di Gallagher in Ucraina ha parlato il cardinale Pietro Parolin a margine di un convegno della Fondazione Giovanni Paolo I di venerdì scorso, ricordando che a proposito dell’invio di armi «c’è un diritto alla difesa armata in caso di aggressione», come afferma anche il Catechismo della Chiesa cattolica, ma «a determinate condizioni». La prima, ha sottolineato il Segretario di Stato vaticano, è «quella della proporzionalità, poi il fatto che la risposta non produca maggiori danni di quelli dell’aggressione. In questo contesto si parla di ‘guerra giusta’».
«Capisco», ha aggiunto, «che nel concreto sia più difficile determinarlo, però bisogna avere alcuni parametri chiari per affrontare nella maniera più giusta e moderata possibile il tema delle armi».
Potrebbe interessarti anche