lunedì 25 novembre 2024
  • 0
I preservativi servono solo a limitare le nascite, non a combattere l’AIDS. La Chiesa lo spiega bene, da sempre
NEWS 2 Dicembre 2014    

I preservativi servono solo a limitare le nascite, non a combattere l’AIDS. La Chiesa lo spiega bene, da sempre

Ieri si è svolta la Giornata mondiale contro l’AIDS. Ovvero l’ennesima occasione per dare la stura ai bla bla e per predicare l’suo dei preservativi: che non servono affatto a combattere il contagio, ma a limitare le nascite. E questo per molti nel mondo è già un ottimo risultato.

Un esempio tipico di quello che praticamente tutti gli organi di stampa hanno ripetuto è un articolo di Wired, pubblicizzato come una guida ai miti da sfatare in tema di AIDS e che invece è solo la ripetizione grigia del mito più grande e falso di tutti, quello appunto concernente la “protezione” da preservativo. I nostri lettori ne sono certamente immuni, ma siccome tutto il mondo è paese, proponiamo un “sempreverde”, valido non solo nella Giornata mondiale contro l’AIDS, vale a dire il capitolo 13 della riflessione redatta dall’allora presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, card. Alfonso López Trujillo (1935-2008), intitolata I valori della famiglia e il cosiddetto sesso sicuro, è datata 1° dicembre 2003.

 

Crescita e diminuzione dell’HIV/AIDS rispettivamente con i condom e con la castità

13. Che i condom non offrano la totale protezione contro la trasmissione dell’HIV e delle MTS è rafforzato dal fatto che le campagne del «sesso sicuro» non hanno condotto ad un aumento di prudenza, ma ad un incremento dell’attività sessuale promiscua e dell’uso del condom.[57] In effetti, ci sono studi che dimostrano che i casi di HIV/AIDS sono aumentati con l’aumento della distribuzione dei condom.[58] Il comportamento umano è un importante fattore nella trasmissione dell’AIDS. Senza un’adeguata educazione intesa ad abbandonare certi comportamenti sessuali a rischio in favore di una ben bilanciata sessualità, cioè l’astinenza prima del matrimonio e la fedeltà coniugale, ne risulta il rischio di perpetuare i risultati disastrosi dell’epidemia.

Ci sono rapporti che sostengono l’idea che, laddove l’astinenza prima del matrimonio e la fedeltà al proprio coniuge sono promosse con successo, l’epidemia HIV/AIDS è fortemente in declino. Per esempio, l’Uganda ha insistito per un programma basato sulla castità, e lì l’incidenza dell’HIV/AIDS è gestita relativamente meglio che in altri paesi. «Mentre l’AIDS spazza l’Africa, l’Uganda rimane una solitaria storia di successo, in quanto milioni di Ugandesi hanno abbracciato la morale sessuale tradizionale, compresa l’astinenza sessuale fuori del matrimonio e la fedeltà nel matrimonio, al fine di evitare l’infezione. Ma la comunità internazionale che si interessa dell’AIDS è riluttante a promuovere ovunque questa strategia, continuando invece a riporre la sua fiducia nei condom».[59]

In collegamento con questo esempio, l’Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale, nel suo studio, Declining HIV Prevalence, Behavior Change, and the National Response. What Happened in Uganda?, in una tavola che mostra la tendenza dell’HIV e i dati comportamentali in Uganda, Kenya e Zambia, afferma che «il declino nella prevalenza in Uganda è collegato più alla riduzione nel numero di partners sessuali che all’uso del condom».[60] Similmente, il Joint United Nations Programme on HIV/AIDS (UNAIDS) AIDS epidemic update del dicembre 2003 afferma: «La prevalenza dell’HIV continua a scendere in Uganda, dove è calata all’8% a Kampala nel 2002 – un fatto rimarchevole, considerando che la prevalenza dell’HIV fra le donne incinte in due cliniche prenatali urbane della città era del 30% dieci anni fa. Simili declini fanno eco a questo successo attraverso l’Uganda, dove tassi di prevalenza a due cifre sono ora diventati rari… Attualmente, nessun altro paese ha raggiunto questo scopo, almeno non a livello nazionale».[61]

In Tailandia e nelle Filippine, i primi casi di HIV/AIDS vennero riportati nel 1984; fino al 1987, la Tailandia ebbe 112 casi, mentre le Filippine ne ebbero di più, 135 casi. Oggi, nell’anno 2003, ci sono circa 750.000 casi in Tailandia, dove ha avuto relativamente grande successo il 100% Condom Use Program. Invece, ci sono solo 1.935 casi nelle Filippine [62]– e questo, considerando che la popolazione delle Filippine è di circa il 30% più numerosa che quella della Tailandia! I tassi relativamente bassi di uso del condom da parte della popolazione in generale, e la incrollabile opposizione della Chiesa [63]e di un buon numero di leaders governativi contro il programma del condom e la promiscuità sessuale, sono fatti ben conosciuti nelle Filippine.

Commentando alcuni di questi rapporti, Jokin de Irala, Professore di Epidemiologia e Salute Pubblica all’Università di Navarra, Spagna, dice: «Ciò che si sta facendo in molti paesi è semplicemente irresponsabile. Fidarsi ciecamente dei condom senza qualcosa d’altro nella strategia preventiva, quando si è visto che tale metodo non è stato sufficiente a fermare l’epidemia in gruppi che sono a priori davvero interessati, come gli omosessuali, è un errore che può finire per essere pagato caro… La gente potrebbe chiedere alle proprie autorità una maggiore serietà ed originalità quando si tratta di risolvere questi problemi. Dovrebbero richiedere come minimo lo stesso coraggio che è stato mostrato, per esempio, quando partì seriamente la lotta contro il tabacco. Non possiamo rimanere passivi, credendo ingenuamente che un tale complesso problema potrebbe essere risolto con una “pezza” come il condom».[64]

14. Come per la trasmissione dell’HIV in generale, anche se l’OMS ha affermato nel 2002 che il 99% delle infezioni di HIV in Africa erano dovute a rapporti non-protetti, si dovrebbe anche considerare quanto alcuni autori hanno recentemente espresso, cioè la possibilità che la maggioranza di nuovi casi di HIV/AIDS in Africa non sia dovuta a relazioni sessuali, ma piuttosto alla riutilizzazione degli aghi per iniezioni, data l’inadeguatezza delle infrastrutture sanitarie nel continente.[65] In questo senso, il presente orientamento degli sforzi anti-AIDS, focalizzandosi esclusivamente o pesantemente sulla distribuzione del condom, è ovviamente insufficiente e discutibile.

 * * *

NOTE

[57] Hearst, N. ed Hulley, S.B. , Preventing the Heterosexual Spread of AIDS. Are We Giving Our Patiens the Best Advice?, in Journal of the American Medical Association, 259 (1998), 16, pp. 2428-2432. Vedasi specialmente p. 2431.

[58] Vedasi il grafico che mostra un incremento pressoché parallelo dei preservativi distribuiti dall’USAID e della diffusione dell’HIV/AIDS, dal 1984 al 2003, in Population Research Institute Review (maggio-giugno 2003), p. 10, che riassume i dati raccolti dalla Harvard School of Public Health, UNAIDS, e dalla Kaiser Family Foundation.

[59] Vedasi Condom Lobby Drives AIDS Debate Besides Abstinence Success in Africa, in Friday Fax Vol. 5 (13 dicembre 2002) N. 51.

[60] In USAID’s Project Lessons Learned, Case Study, Settembre 2002, p. 11, Tavola: Simulation of Uganda HIV Dynamics: Potential impact of similar behavior change in South Africa by 2000. La fonte della tavola è: Stoneburner, RL, Low-Beer D. Analyses of HIV trend and behavioral data in Uganda, Kenya, and Zambia, in Abstract ThOrC734. XIII International AIDS Conference, Durban, Sud Africa, 7-14 luglio 2000.

Nella stessa pagina, il Case Study report aggiunge, sotto l’intestazione, A «social vaccine» in Africa? (Can this success be replicated?): «Bisogna ricordare che molti elementi della risposta ugandese, come l’alto livello di sostegno politico, la pianificazione decentralizzata, e le risposte multi-settoriali, non incidono direttamente sui tassi di infezione da HIV. Il comportamento sessuale stesso deve mutare per cambiare l’incidenza della sieropositività. Secondo Stoneburner, l’effetto degli interventi di prevenzione dell’HIV in Uganda (particolarmente la riduzione del numero dei partner) durante l’ultima decade appare avere avuto un impatto simile come un potenziale vaccino medico efficace all’80%».

[61] Disponibile sul sito www.who.int/hiv/pub/epidemiology/epi2003/en/.

[62] Vedasi Telling the Truth:AIDS Rates for Thailand and the Philippines, di Rene Josef Bullecer, M.D., Direttore Esecutivo, Human Life International-Visayas Mindanao, Filippine, e Direttore dell’AIDS-Free Philippines. Ha anche riportato che: «Nel 1991 l’AIDS Program dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) previde che entro il 1999 la Tailandia avrebbe avuto da 60.000 a 80.000 casi, e che le Filippine avrebbero conosciuto tra 80.000 e 90.000 casi di HIV/AIDS». «Nel 1999 vi erano 755.000 casi in Tailandia (65.000 morti) e 1.005 nelle Filippine (225 morti)». Vedasi www.hli.org/thailand%20and%20philippines %20aids%20 rates.html.

[63] Vedasi Conferenza dei Vescovi Cattolici delle Filippine, Lettera Pastorale sull’AIDS: In the Compassion of Jesus, 23 gennaio 1993, e Cardinale Jaime L. Sin, Lettera Pastorale su Subtle Attacks against Family and Life, 9 luglio 2001.

[64] Desde el corazón de África, nuevas estrategias preventivas contra el sida, in Diario de Navarra, 1 dicembre 2003.

[65] Secondo questi autori, fino al 70% delle nuove infezioni HIV in alcune regioni dell’Africa potrebbe essere parenterale, dovuto specialmente alla riutilizzazione di aghi. Vedi Gisselquist, David, Potterat, John, J. ed altri, Mounting Anomalies in the Epidemiology of HIV in Africa: Cry the Beloved Paradigm, in International Journal of STD & AIDS, 2003/14, pp. 144-147; Gisselquist, David, Potterat John J. ed altri, Let it Be Sexual: How Health Care Transmission of AIDS in Africa was Ignored, in International Journal of STD & AIDS, 2003/14, pp. 148-161; e British Medical Journal Asserts Coverup in African AIDS Pandemic Claims. AIDS Crisis Caused by Bad Medicine. Not Sex, in Friday Fax Vol. 6 (28 febbraio 2003): 10.