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I gay muoiono prima per colpa degli anti-gay. Bufala enorme sbugiardata da una ricerca scientifca
NEWS 3 Febbraio 2017    

I gay muoiono prima per colpa degli anti-gay. Bufala enorme sbugiardata da una ricerca scientifca

«Lo stigma sociale aumenta il rischio di suicidi tra gay», «Secondo uno studio le comunità anti-gay causano morte precoce alle persone Lgbt». Sono questi alcuni dei titoli di giornale apparsi in Italia su uno studio americano secondo il quale le persone omosessuali che subiscono pregiudizi nelle loro comunità avrebbero una minor speranza di vita.

La ricerca, realizzata da Mark Hatzenbuehler della Columbia University (più volte impegnato in tematiche simili), è stata pubblicata nel 2014 sulla rivista Social Science & Medicine e, come si legge, si è trattata del primo studio peer-review che ha davvero indagato le eventuali conseguenze dell’omofobia.

Ma cosa succede se un altro ricercatore prova a riprodurre lo studio seguendo la stessa metodologia utilizzata? E’ ciò che è effettivamente avvenuto e il risultato lo ha riportato Naomi Schaefer Riley sul New York Post: «Il mese scorso, Mark Regnerus, professore presso UT Austin, ha pubblicato un articolo sulla rivista Social Science and Medicine», nel quale ha spiegato di aver «cercato per dieci volte di ottenere gli stessi risultati di Hatzenbuehler utilizzando gli stessi dati esatti, ma senza riuscirvi. Il che significa, ha concluso, che “lo studio originale è così sensibile alle soggettive decisioni di misura da doversi ritenere inaffidabile”». In particolare, la raccolta dei dati su cui si è basato l’autore dello studio originale aveva gravi carenze metodologiche (le domande poste non erano infatti le stesse ogni anno). Schaefer Riley ha anche ricordato che il prof. Regnerus è stato al centro di infuocate polemiche nel 2012 quando ha dimostrato le problematiche psico-fisiche dell’omogenitorialità ma, «nonostante le richieste di correzione, l’Università del Texas non ha trovato irregolarità». La ricerca non si basa sul principio d’autorità e, al di là delle prevedibili polemiche, nessuno ha mai smentito il suo studio su riviste scientifiche, come invece lui ha fatto con quello del prof. Hatzenbuehler.

La confutazione di questa ricerca da parte dello studioso americano è stata un duro colpo per gli attivisti Lgbt, come lo psichiatra Vittorio Lingiardi, che l’ha più volte citata. Anche perché, Hatzenbuehler, seppur concedendo che coloro che si oppongo al matrimonio omosessuale non hanno in realtà «voglia di ferire le persone», si è spinto a sostenere le nozze gay per combattere il presunto stigma sociale: «in una serie di studi che i miei colleghi ed io abbiamo condotto, abbiamo dimostrato che le politiche riguardo il matrimonio tra persone dello stesso sesso influenzano la salute mentale e fisica delle persone LGBT». Invece, niente da fare: «nessuno degli effetti dello stigma sociale sulla mortalità delle minoranze sessuali era statisticamente significativo», secondo la conclusione del prof. Regnerus. Altri studi hanno confutato l’esistenza dell’omofobia come fenomeno sociale.

Mentre l’indagine di Hatzenbuehler è stata ripresa e propagandata da tutto l’establishment mass-mediatico, alimentando il mare di disinformazione esistente attorno al tema dell’omosessualità, la sua confutazione da parte di Regnerus ha ricevuto, prevedibilmente, molta meno attenzione. Eppure non è certo la prima volta. Il caso più celebre è avvenuto nel 2015 quando, qualche mese dopo la pubblicazione sulla rivista Science del più grande studio “pro-gay”, uno degli autori ha accusato l’altro, Michael LaCour, di aver appositamente falsificato i dati per favorire la comunità omosessuale. Negli USA è stata definita come «una delle più grandi frodi scientifiche nella memoria recente».

Nel 2014 il dott. Delaney Skerrett ha guidato un team di ricercatori dell’Australian Institute for Suicide Research and Prevention (AISRAP), i quali hanno scoperto che una delle principali cause di suicidi tra lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali, non era affatto l’omofobia e lo stigma sociale, ma l’altissimo tasso di conflitti domestici con il rispettivo partner (decisamente più alto di quello relativo alle coppie uomo-donna). Secondo altri studi, infatti, le persone omosessuali affrontano tassi decisamente più elevati di violenza domestica rispetto agli eterosessuali e questa potrebbe essere la vera causa dell’alto tasso di suicidi e della vita qualitativamente peggiore purtroppo riscontrata in chi ha tendenze omosessuali. Nasconderlo è la vera discriminazione verso queste persone.