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I cristiani che nel mondo vanno più a Messa? I perseguitati in Nigeria
NEWS 26 Gennaio 2023    di Federica Di Vito

I cristiani che nel mondo vanno più a Messa? I perseguitati in Nigeria

Secondo un nuovo studio pubblicato dal Center for Applied Research in the Apostolate (Cara) – un centro di ricerca senza scopo di lucro che conduce studi scientifici sociali sulla Chiesa cattolica – il Paese con più partecipanti alla Messa sarebbe la Nigeria. Nonostante Cara affermi di non poter identificare con esattezza quale sia il Paese con il più alto tasso di frequenza, «perché non sono stati condotti sondaggi in tutti i Paesi del mondo», le percentuali parlano chiaro.

La domanda posta agli intervistati è stata: «A parte matrimoni, funerali e battesimi, quanto spesso partecipi ai servizi religiosi?». Il 94% dei cattolici nigeriani adulti auto-identificati ha dichiarato di partecipare alla Messa settimanale o giornaliera. Il sondaggio è stato condotto dal World Values Survey, che ha iniziato a tracciare i dati negli anni Ottanta relativi a 36 paesi con grandi popolazioni cattoliche. Tra questi, la frequenza settimanale o più frequente è più alta tra i cattolici in Nigeria (94%), Kenya (73%) e Libano (69%). Il prossimo segmento di Paesi, dove metà o più cattolici frequentano ogni settimana, include le Filippine (56%), la Colombia (54%), la Polonia (522%) e l’Ecuador (50%). Meno della metà, ma un terzo o più partecipa ogni settimana in Bosnia-Erzegovina (48%), Messico (47%), Nicaragua (45%), Bolivia (42%), Slovacchia (40%), Italia (34%) e Perù (33%). Tre cattolici su 10 e un quarto dei cattolici frequentano la messa ogni settimana in Venezuela (30%), Albania (29%), Spagna (27%), Croazia (27%), Nuova Zelanda (25%), e Regno Unito (25%).

Il sondaggio fa poi una distinzione tra periodo pre-Covid e post: i cattolici negli Stati Uniti registrano circa il 24% di partecipanti alla messa settimanale o più spesso prima della pandemia. Altri Paesi con una percentuale sono l’Ungheria (24%), la Slovenia (24%), l’Uruguay (23%), l’Australia (21%), l’Argentina (21%), il Portogallo (20%), la Repubblica Ceca (20%), e l’Austria (17%). I livelli più bassi di frequenza settimanale sono stati osservati in Lituania (16%), Germania (14%), Canada (14%), Lettonia (11%), Svizzera (11%), Brasile (8%), Francia (8%) e Paesi Bassi (7%).

Inoltre, questo rapporto rende manifesta una certa confusione tra i cattolici: non sembra esserci una stretta correlazione tra chi partecipa alla Messa e chi si definisce effettivamente “religioso”. Citiamo il rapporto: «Non c’è una forte correlazione tra i numeri che si identificano come cattolici “religiosi” e la frequente partecipazione alla Messa. Il WVS ha chiesto agli intervistati: “Indipendentemente dal fatto che tu vada in chiesa o meno, diresti che sei… Una persona religiosa, una persona non religiosa, un ateo o non lo sai”». Il Libano, per esempio, ha un’alta frequenza di massa, ma la percentuale di cattolici che si considerano religiosi è sostanzialmente inferiore rispetto ad altri Paesi. E il 97% dei cattolici in Uruguay si considera una persona religiosa, anche se solo il 23% partecipa alla Messa settimanalmente o più spesso. Oltre all’Uruguay, i Paesi in cui i cattolici hanno maggiori probabilità di considerarsi religiosi sono la Nigeria (95%), l’Albania (94%), la Slovacchia (93%), la Repubblica Ceca (92%), l’Italia (92%), la Lituania (92%), il Kenya (92%), la Colombia (92%), la Bolivia (91%) e la Polonia (90%).

«Mentre sembra esserci una disconnessione tra l’identificazione come persona religiosa e la partecipazione settimanale alla messa, c’è un terzo fattore che può spiegare la distribuzione comparativa di entrambi questi attributi. Se si esaminano attentamente i Paesi si potrebbe notare qualche raggruppamento economico», questa la conclusione del rapporto. Sembrerebbe che in quella parte di mondo che viene definita “in via di sviluppo”, dove il Pil pro capite – la misura standard della ricchezza comparativa media per persona in un Paese – è più basso, la partecipazione alla Messa sia più alta. «C’è un grande gruppo di Paesi con un Pil pro capite inferiore a $ 25.000 che hanno tra le più alte quote di cattolici che si identificano come religiosi. Nei Paesi ad alto reddito, la religiosità cade. C’è un gruppo di Paesi in Europa occidentale, Nord America e Oceania con i livelli più bassi di auto-identificazione religiosa. La Svizzera, con il più alto Pil pro capite dei Paesi intervistati, ha sia bassi livelli di frequenza di massa settimanale che un numero relativamente inferiore di cattolici che si identificano come persone religiose».

In definitiva, i dati fanno da specchio a quello che viviamo in Europa, o dovremmo dire in tutti i Paesi occidentali. Scriveva san Giovanni Paolo II in Ecclesia in Europa: «Il tempo che stiamo vivendo appare come una stagione di smarrimento […]. È smarrimento della memoria e dell’eredità cristiane, accompagnato da una sorta di agnosticismo pratico e di indifferentismo religioso, per cui molti europei danno l’impressione di vivere senza retroterra spirituale e come degli eredi che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato dalla storia». Ingannati dalla promessa di una prosperità a portata di mano, stiamo lasciando indietro “la parte migliore”, perdendo la fede. Quella che brucia, che portò gli apostoli ad annunciare Cristo risorto in tutto il mondo. «Non meravigliano più di tanto, perciò, i tentativi di dare un volto all’Europa escludendone la eredità religiosa e, in particolare, la profonda anima cristiana, fondando i diritti dei popoli che la compongono senza innestarli nel tronco irrorato dalla linfa vitale del cristianesimo. […] La cultura europea dà l’impressione di una “apostasia silenziosa” da parte dell’uomo sazio che vive come se Dio non esistesse», queste le parole del Santo pontefice.

Chi per andare a Messa rischia la vita sembra procedere a passo svelto verso la meta finale, come una vergine pronta, con la lampada traboccante d’olio. In Nigeria, nonostante gli orrendi massacri, i cristiani non si sono ridotti di numero, anzi, sono cresciuti. E continuano a crescere: da 78 milioni che erano nel 2010, si stima che nel 2050 saranno oltre 150 milioni. Ecco allora che la fede passa, ancora una volta nella storia della Chiesa, per il sangue della persecuzione, come testimonianza luminosa per ogni uomo. Stando ai dati del rapporto, dalle nostre comode scrivanie, anche noi dovremmo tenere bene a mente l’affabile tentazione del secolarismo, che miete più vittime della violenza. (Fonte foto)

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