di Stefania Maffeo
Hitler voleva rubare la Sindone: per questo tra il 1939 ed il 1946 la reliquia rimase nascosta. La decisione fu presa da Casa Savoia e dal Vaticano, che pensarono di sistemarla nell'abbazia di Montevergine, a Mercogliano (Avellino). Ancora un pagina da aggiungere alla storia del Sacro Lino, dunque. A raccontarla è padre Andrea Davide Cardin, frate benedettino, direttore della Biblioteca Statale del Santuario, che custodisce i verbali di quanto accadde in quegli anni cruciali.
Ufficialmente, lo spostamento fu concordato per proteggere la Sindone dalle bombe della guerra. In realtà per nasconderla al Fuhrer che pare ne fosse ossessionato insieme ad altri oggetti collegati alla figura di Cristo, come la lancia di Longino o il mitico Santo Graal, delle cui ricerche fu incaricato il colonnello delle SS Otto Rahn (questo timore fu palesato per iscritto nel Bollettino Diocesano del 1939 dal cardinale Maurilio Fossati, all'epoca dei fatti arcivescovo di Torino). Nel 1938 il Fuhrer venne in visita in Italia e i suoi gerarchi fecero insolite ed insistenti domande sulla Sindone, lascioando trapelare le mire personali del capo del Terzo Reich.
I Savoia avevano acquistato nel 1453 da Marguerite de Charny – che l'aveva ereditata dalla sua famiglia, feudatari di Liery, nel sud della Francia – il prezioso telo che, secondo la tradizione cattolica, sarebbe stato usato per avvolgere il corpo di Gesù nel sepolcro.
L'allora sostituto della Segreteria di Stato Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, inviò un telegramma all'abate Giuseppe Ramiro Marcone nel quale lo invitava a recarsi a Roma per parlare con il segretario di Stato cardinale Luigi Maglione. Nel corso dell'incontro apprese il desiderio del re di far custodire a Montevergine la preziosa reliquia. Il 25 settembre del 1939 fu prelevata da Torino e portata in auto, senza scorta militare, ma sotto la vigilanza di monsignor Paolo Busa, primo cappellano e suo custode a Torino. Fu nascosta sotto l'altare del coretto da notte. Tutto si svolse in grandissimo segreto: erano al corrente della cosa il vicario don Anselmo Tranfaglia (poi abate dal 1952), il "superiore invernale" del Santuario ed il "padre sacrista", i quali, in caso d'incursione aeree, avrebbero dovuto portare la reliquia nella più protetta galleria sotterranea che univa il monastero al cosiddetto Ospizio nuovo.
Nel corso di una perquisizione del 1943 ad opera di soldati tedeschi, i monaci si ritirarono per pregare dove era custodita la Sindone. Un ufficiale, vedendoli in meditazione, ordinò di non disturbare e ciò evitò di scoprirla. Fu riconsegnata il 29 ottobre 1946, quando la monarchia non c'era più, ma su disposizioni che Sua Maestà Umberto II di Savoia aveva dato il 10 di giugno, ultimo suo giorno di regno effettivo. Da allora la reliquia è conservata a Torino.