Senza gambe e vincitrice di 29 medaglie alle para olimpiadi. Il suo segreto? «Sogna in grande e confida in Dio», Nascere senza entrambe le gambe può essere una tragedia per molti, ma non lo è stata per Jessica Long che con una ferrea forza di volontà ha saputo trasformare il suo handicap in una grande virtù, diventando una delle migliori atlete paraolimpiche di tutti i tempi, con ben 29 medaglie olimpiche, 16 delle quali di oro.
Dove ha trovato la forza per riuscirci? Nella fede: «Credo che Dio abbia un piano per tutti. E credo che Dio avesse un piano per me, essere adottata, andare negli Stati Uniti e diventare un’atleta paraolimpica». Jessica, infatti, è nata in Russia, precisamente a Bratsk, nel 1992, senza la struttura ossea delle gambe e la maggior parte delle ossa dei piedi. Sua madre, Natalya, era spaventata dal futuro che attendeva lei e sua figlia, così decise di darla in adozione in un orfanotrofio, in Siberia, che ospitava già più di 200 bambini. Nessuno sapeva che lì sarebbe iniziata la sua vera, grande storia.
Un anno dopo il suo arrivo, una coppia cattolica di Baltimora, Beth e Steve Long, giunsero all’orfanotrofio con l’intenzione di adottare un bambino. «Avevamo già due figli, quindi la nostra intenzione era quella di adottare un bambino che avesse meno possibilità di essere preso da altre famiglie» – afferma Beth. La prima volta che videro Jessica vennero informati delle cure costose che richiedeva la sua situazione fisica, ma decisero ugualmente di adottarla.
Cinque mesi dopo il suo arrivo negli Stati Uniti, la bambina venne sottoposta ad un intervento chirurgico per l’amputazione di entrambe le gambe, ma le vennero date subito delle protesi e le ci volle poco per abituarsi. Jessica è potuta crescere serenamente all’interno di una famiglia cristiana che le ha dato tutta la forza necessaria per affrontare le sfide che viveva ogni minuto: «L’ambiente in cui sono cresciuta non poteva essere migliore. Era impossibile essere più felice, lo devo ai miei genitori ma, soprattutto, a Dio».
Sin da piccola aveva il sogno di diventare un’atleta olimpionica. Dopo aver provato tutti gli sport possibili, senza ottenere grandi risultati, decise di cambiare disciplina e a dieci anni approdò al nuoto. Non ci mise molto ad attirare l’attenzione degli allenatori che lavoravano con atleti disabili e in appena due anni diventò la più giovane atleta paraolimpica degli Stati Uniti, fino alla partecipazione ai Giochi Paraolimpici di Atene, nel 2004. Arrivò a vincere tre medaglie d’oro, nei 100 metri, 400 metri e 4×100, stile libero. Ma la sua carriera era appena iniziata.
A Pechino 2008 vinse altri quattro ori, oltre a un argento e un bronzo. E a Londra superò nuovamente sé stessa incassando cinque medaglie d’oro, più altre due d’argento e una di bronzo. A Rio de Janeiro e a Tokyo si accaparrò 6 medaglie. In totale, 29 medaglie, che fanno di lei una delle atlete paraolimpiche più decorate di tutti i tempi. Ma nonostante tutto quello che ha ottenuto, Jessica ha i piedi per terra. Come ha affermato in più di un’occasione: «Dio viene al primo posto, il nuoto al secondo». E non perde mai l’occasione di tenere discorsi motivazionali in cui racconta la sua storia e, soprattutto, parla della forza che Dio le ha dato per realizzare tutto.
«Parte del piano che Dio ha preparato per me è ispirare le persone, che abbiano o meno una disabilità». Jessica ha infatti, raccontato di aver parlato con tanti bambini che hanno perso una gamba, o un braccio, di aver visitato molti ospedali per incoraggiare coloro che sono stati devastati da un incidente o da una malattia. Inoltre ha ispirato grandi atleti, ad esempio tramite il discorso che ha tenuto ai giocatori della squadra di football americano di Baltimora, i Ravens, ai quali ha parlato poche ore prima che raggiungessero per la seconda volta nella loro storia la classifica Super Bowl, ovvero una sorta di finale della Coppa dei Campioni negli Stati Uniti.
Pur essendo praticamente una star, negli Stati Uniti, Jessica, ogni volta che può difende la sua fede pubblicamente, infatti eleva spesso lodi a Dio tramite il suo account twitter. È difficile trovare negli Stati Uniti, e nel mondo dello sport, in generale, un’atleta che trasmetta così tanto coraggio, che infonda così tanta speranza negli altri, e tutto grazie alla sua fede coerente: «Non preoccuparti, il paradiso ha un piano per te. Chi avrebbe mai immaginato che una ragazza disabile di un orfanotrofio in Siberia avrebbe sfondato, negli Stati Uniti? Sono la prova vivente che non bisogna arrendersi nell’inseguire i propri sogni. Non importa quanto grandi siano. Sogna in grande e confida in Dio». (Fonte foto: Screenshot – NBC Sports, YouTube)
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