«Homo sum, humani nihil a me alienum puto», nemmeno il surf. Non lo ha detto il giovane di cui vogliamo presentarvi la storia, ma come cristiano certamente lo ha vissuto. Cristo non si aggiunge al resto, non distorce la vita né impoverisce l’umanità di chi lo accoglie. Chi si converte e coltiva la sua amicizia lo ritrova in ogni cosa. Anche il surf, quindi. Guifo Schäffer era un giovane brasiliano, nato a Volta Redonda ma vissuto a Rio de Janeiro, precisamente nel quartiere Copacabana, e cresciuto in una famiglia di ferventi cattolici. Non c’è bisogno di aggettivi, a dire il vero, soprattutto di quelli automatici che anche nelle moderne agiografie si associano al racconto di vite esemplari. Cattolici è più che sufficiente e cattolico è stato anche Guido: un ragazzo normale, che ha attraversato gli anni della sua vita terrena impastando la propria umanità con ciò che gli veniva incontro, coltivando i propri talenti e orientando le proprie decisioni all’amore che più intensamente lo abitava.
Leggiamo su Church pop, che riporta la sua storia, «che il terzo sabato di giugno si celebra la Giornata Internazionale del Surf» e per questo gli amanti di questo sport potrebbero trovare in Guido un futuro patrono e un amico da invocare e imitare. Educato nella pratica della fede dai genitori, ha sempre partecipato alla vita della parrocchia e fin da ragazzino si è speso per avvicinare i suoi coetanei a Cristo (l’età non è ostacolo alla santità, Carlo Acutis e molti altri giovani ce lo ricordano) «incoraggiandoli prima a far parte del gruppo di formazione per la Cresima, e poi a partecipare al Cenacolo, un Movimento Sacerdotale Mariano». Come studi universitari ha scelto medicina che ha studiato presso la fondazione tecnico educativa di Souza Marques; durante l’ultimo anno ha fondato un gruppo di preghiera chiamato Fuoco di Spirito. Nelle sue intenzioni, a quell’epoca, oltre alla scelta di diventare medico di medicina generale, c’era anche quella di sposarsi con la fidanzata che condivideva la stessa vita di fede.
Ma le onde, si sa, si formano senza troppo preavviso e quando sopraggiunge quella perfetta c’è poco da fare: durante un ritiro spirituale, colpito dal richiamo del sacerdote a non distogliere mai lo sguardo dai bisognosi, sente nascere in sé la vocazione sacerdotale. Una chiamata a cui risponderà con generosità e con umiltà, ma senza precipitarsi, facendo un cammino di discernimento accompagnato da un sacerdote. Continua nel frattempo ad esercitare la professione medica, dedicandosi con amore e intelligenza alla cure delle persone più povere. Leggiamo nella nota biografica che «nel 1999 organizzò dei nuovi turni ambulatoriali medici per le persone senza fissa dimora, presso la casa dei Missionari della Carità, situati nel quartiere Lapa di Rio de Janeiro. In queste occasioni riuscì a coinvolgere diversi amici e colleghi dell’Ospedale Generale della Santa Casa della Misericordia. Nel 2002 entrò a far parte della Pastorale della Salute della Santa Casa della Misericordia, dove cominciò a dare delle lezioni di carattere medico, ma dal punto di vista strettamente cattolico. Sono molti i testimoni che ricordano questi momenti di profonda carità verso il prossimo, ma allo stesso tempo sottolineano il suo aspetto spirituale, improntato sulla preghiera e sulla costante frequenza ai sacramenti».
Tutto ciò che fa è orientato dall’amore di Cristo: se ne trova traccia anche negli scritti che il giovane lascia nei quali dichiara di volersi dedicare totalmente al prossimo e di voler abbracciare la via della povertà. Nel 2006, dopo aver accolto l’invito di padre Jonas Abib a lavorare come medico volontario presso l’ambulatorio Padre Pio in Cachoeira Paulista, finalmente può riprendere gli studi in seminario: «seguì il primo e il secondo anno di Teologia presso lo stesso Monastero di San Benedetto, nel frattempo lasciò definitivamente il lavoro di medico come dipendente remunerato, ma continuava ad esercitare la sua professione come volontario sia nella Santa Casa della Misericordia e sia nell’ambulatorio aperto presso la casa dei Missionari della Carità e sempre come volontario. Finalmente nel 2008 entrò nel seminario Arcidiocesano di São José, per concludere gli studi teologici già cominciati». È il primo maggio del 2009 quando Guido, mentre surfa con i suoi amici, cade battendo la nuca: la forte contusione che gli fa perdere i sensi lo porterà alla morte per annegamento. I suoi amici raccontano di come pregasse e invitasse anche gli altri a farlo prima di ogni attività sportiva.
«Suor Caritas (Missionarie della Carità), che ha accompagnato il lavoro di Guido presso la casa delle Missionarie della Carità a Lapa, ha scritto: “La sua unica preoccupazione era salvare le anime. Condurre tutti a un incontro personale con Cristo. Per questo non risparmiava sforzi. Di fatto, tutto il suo dialogo era con Lui e a Lui diretto. Non perdeva alcuna opportunità di proclamarlo, fosse con le parole o col suo stesso esempio”». A distanza di 5 anni dalla morte è stata aperta la sua causa di beatificazione e, nel 2023, papa Francesco lo ha dichiarato Venerabile. Che bella la santità, che belle le storie di persone normali nelle quali è forse più facile identificarsi perché mostrano ciò che è chiesto a tutti e a tutti è possibile: semplicemente – ma totalmente- rispondere con il nostro amore a quello di Cristo, il primo a venirci incontro su onde oceaniche e nelle pieghe più normali del vivere quotidiano. (Fonte foto: Screenshot EWTN, YouTube)
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