Quando nel 2016 papa Francesco si incontrò all’Avana con il Patriarca di Mosca Kirill si disse giustamente che veniva compiuto un passo storico nel campo dell’ecumenismo. Le parole che Francesco ha pronunciato ieri all’Angelus, confrontate a quelle pronunciate sempre ieri dal Patriarca Kirill sul conflitto in Ucraina, sembrano però distanziare ciò che si era avvicinato.
«Non si tratta solo di un’operazione militare», ha detto Francesco in Piazza San Pietro, «ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria». In questo modo il Papa ha rifiutato la definizione di «operazione militare speciale» che la Russia di Putin ha più volte utilizzato per indicare l’atto di invasione del territorio ucraino da parte dei suoi militari. E poi ha aggiunto che la «Santa Sede è disposta a fare di tutto, a mettersi al servizio per questa pace».
Celebrando la Divina Liturgia presso la Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, il Patriarca Kirill ha, invece, offerto una spiegazione spirituale a quella che Francesco ha definito come una «guerra». Una spiegazione che a molti è sembrata essere una sorta di endorsement all’azione del Cremlino.
«Se l’umanità riconosce che il peccato non è una violazione della legge di Dio», ha detto Kirill, «se l’umanità concorda sul fatto che il peccato è una delle opzioni per il comportamento umano, allora la civiltà umana finirà lì». Perciò, ha aggiunto, «ciò che sta accadendo oggi nell’ambito delle relazioni internazionali, quindi, non ha solo un significato politico. Stiamo parlando di qualcosa di diverso e molto più importante della politica. Si tratta della salvezza umana, di dove andrà a finire l’umanità […]». È intorno a questo argomento, dice Kirill, che oggi «c’è una vera guerra». E quindi, dopo diversi riferimenti alla situazione in Donbass e in Ucraina, il Patriarca ha spiegato che «siamo entrati in una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico».
«Oggi i nostri fratelli nel Donbass, gli ortodossi, stanno indubbiamente soffrendo, e noi non possiamo che stare con loro, prima di tutto nella preghiera», ha detto ancora Kirill. «È necessario pregare affinché il Signore li aiuti a preservare la fede ortodossa, a non soccombere alla tentazione e alle tentazioni. Allo stesso tempo, dobbiamo pregare affinché la pace giunga al più presto, che il sangue dei nostri fratelli e sorelle si fermi […]».
Il riferimento alla pace di Kirill e quello di Francesco possono ancora incontrarsi? Il Papa qualche giorno fa aveva detto che «le ragioni della pace sono più forti di ogni calcolo di interessi particolari e di ogni fiducia posta nell’uso delle armi». Uno sguardo realista e umano quello di Francesco, che suona molto diverso dalle parole del Patriarca Kirill. Tuttavia, quando Francesco dice che la «Santa Sede è disposta a fare di tutto» per la pace c’è sicuramente anche quel canale diplomatico che il Papa vuole tenere aperto con il Patriarcato di Mosca, non a caso nei suoi interventi non ha mai richiamato in modo diretto la responsabilità russa per quanto sta accadendo. E, infatti, mercoledì scorso il nunzio apostolico presso la Federazione Russa, monsignor Giovanni D’Aniello, ha incontrato il Patriarca Kirill nella Residenza del Monastero Danilov a Mosca.
Qualcuno potrebbe pensare che quella del Papa è solo ingenuità, ma in realtà questo «essere disposti a tutto» per un dialogo potrebbe anche rivelarsi come un altro significato «metafisico» da applicare a quanto sta avvenendo. Nella vita degli uomini la religione opera nell’intimo e compie l’unità degli spiriti, la politica opera soprattutto sulle relazioni esterne e divide. Sembrano questioni lontane dalla realtà, ma un cristiano sa che soltanto Cristo può operare l’unità degli uomini e delle nazioni.
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