«Abbiamo pensato che fossero interessati a sentire la nostra versione della storia. Ci siamo sbagliati». É tutto da leggere il commento del Ministro della Giustizia ungherese Judit Varga. Un editoriale destinato a Politico Europe (l’edizione europea della testata americana Politico) che il giornale ha però brutalmente cassato.
«PROTEGGERE I BAMBINI NON È DISCRIMINARE»
La censura delle parole del Ministro ungherese – ferme, accorate e scelte con cura – non fa altro che confermare in pieno quanto da lei sostenuto: «A nessuno importa che la dichiarazione firmata da diversi Stati membri contenga false accuse e falsifichi il merito della legge ungherese». «A nessuno interessa notare – continua Judit Varga – che il fulcro della legge è la protezione dei bambini da qualsiasi tipo di sessualità – quindi non può, per definizione, essere discriminatoria».
La legge ungherese, spiega il Ministro, si concentra sui «diritti dei genitori e sulla protezione dei minori dall’accesso a contenuti che potrebbero contraddire i principi educativi che i loro genitori hanno scelto di insegnare loro». Alla maggiore età, quindi, ognuno sarà libero di scegliere (o ripudiare) qualsiasi educazione. «Fino a quel momento, però, – scrive Judit Varga – tutti gli altri attori, sia esso lo Stato o le scuole, dovranno rispettare il diritto dei genitori di decidere sull’educazione sessuale dei propri figli. Ecco di cosa tratta la nuova legge ungherese». Così il Ministro riguardo ad una legge votata con 157 voti a favore e uno contrario. Una legge che, si legge nel testo approvato, «al fine di garantire la protezione dei diritti dei bambini, la pornografia e i contenuti che raffigurano la sessualità fine a sé stessa o che promuovono la deviazione dall’identità di genere, il cambiamento di genere e l’omosessualità non devono essere messi a disposizione delle persone di età inferiore ai diciotto anni».
NESSUNA CONTRADDIZIONE
L’editoriale (censurato) del Ministro Varga è chiarissimo. Non solo «la legge ungherese non si applica alla vita, all’identità sessuale o alle pratiche degli adulti di età superiore ai 18 anni», ma già la vecchia legge ungherese «sulla parità di trattamento (del 2004, ndr) vieta esplicitamente la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere». Il Ministro della Giustizia magiaro si sforza di essere il più trasparente possibile: se «in Ungheria ognuno è libero di esprimere la propria identità sessuale come meglio crede, poiché la legislazione ungherese garantisce pienamente i diritti fondamentali per ogni minoranza» è altrettanto vero che «non è una contraddizione che (la nuova legge, ndr) garantisca anche il diritto e l’obbligo dei genitori di educare i propri figli».
IL LUPO UNGHERESE (CHE NON C’É)
Il nodo, quindi, è tutto politico, tanto che proprio in apertura del suo commento Judit Varga lamenta che «da quasi 10 anni, sulla stampa internazionale vengono regolarmente pubblicate dichiarazioni indiscutibili sulla morte della democrazia ungherese. Eppure, nonostante gridino ripetutamente al lupo, non c’è mai stato nessun lupo». Nella querelle sulla legge contro la pedofilia (diventata per la stampa mainstream “legge anti-gay”) almeno due sono i dati autoevidenti: il pregiudizio contro una nazione sovrana e la confusione europea riguardo alla propria sfera valoriale.
Circa il primo elemento è la stessa Varga a lamentare che i Paesi che hanno firmato la durissima lettera congiunta «non si sono nemmeno presi la briga di chiedere spiegazioni ufficiali al governo ungherese», decidendo, con una dichiarazione «vergognosa» (l’aggettivo non è stato forse scelto a caso dal Ministro, visto che qualche giorno prima Ursula von der Leyen aveva definito una «vergogna» la legge approvata dal Parlamento ungherese) di «giudicare anticipatamente senza prima richiedere i fatti».
QUALI SONO I “VALORI” EUROPEI?
Quanto all’irriducibile discordanza di valori dell’Europa dell’Ovest nei confronti del blocco dell’Est (la Polonia e la Russia sono gli altri Stati su cui la UE ciclicamente punta il dito), lo scorso 28 giugno il primo ministro ungherese Viktor Orban ha invocato «l’unità nella diversità». Con uno scritto dal titolo emblematico, “Samizdat n.11”, Orban si è chiesto: «esiste ancora l’unità dei valori?». La domanda appare lecita se è vero che qualche giorno prima, malgrado la forte contrarietà di Conferenze episcopali, associazioni pro-life e alcune realtà nazionale, l’Europarlamento aveva approvato il “Rapporto Matic” (dal nome del socialdemocratico Predrag Fred Matić), Rapporto che definisce l’aborto «assistenza sanitaria essenziale» (quindi «diritto umano») e l’obiezione di coscienza «negazione all’assistenza medica».
«IL FUTURO? UNITA’ NELLA DIVERSITA’»
Dopo aver paragonato il nuovo problema a quello «scoppiato a causa dell’invasione migratoria dell’Europa» («entrambi dibattiti moralmente difficili, politicamente importanti e intellettualmente belli», così – non senza una certa finezza dialettica – il Primo Ministro ungherese) alla domanda retorica sui valori europei, Orban ha così risposto: «in entrambi i casi, la risposta è la stessa: non c’è unità di valori e quindi nemmeno unità politica». La soluzione? Semplice e democratica: «Se vogliamo tenere unita l’Unione europea, i progressisti devono rispettare i diritti dei conservatori. Unità nella diversità. Questo è il futuro».
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