Avvicinandoci al Santo Natale, appare interessante soffermarsi a riflettere e approfondire cosa avviene durante la Santa Messa, per poter vivere al meglio i momenti liturgici.
E lo facciamo attraverso alcuni stralci di uno scritto, pubblicato sul Tagespost, del settantatreenne attore e speaker radiofonico tedesco Michael König (foto a lato), che narra come – riavvicinatosi alla fede – alcune considerazioni dell’allora cardinale Joseph Ratzinger siano stati fondamentali nel suo personale percorso di presa di consapevolezza del mistero che viene celebrato sull’altare.
UNA LITURGIA CAMBIATA
Quella di König è la storia di un convertito che trent’anni fa, dopo un periodo di “latitanza”, ha avuto la grazia di tornare ad abbracciare con convinzione la fede cattolica. Un ritorno gioioso e convinto, il suo, che tuttavia si è dovuto scontrare con un dato di realtà: nel lasso di tempo durante il quale era stato lontano dalla Chiesa, anche in virtù del Concilio Vaticano II (1962-1965), diverse cose erano cambiate, e tra queste anche quell’«evento cosmico», come ebbe a definirla Joseph Ratzinger, che è la Santa Messa.
A suo modo di vedere – afferma con le parole del cardinal tedesco Joachim Meisner, scomparso nell’estate del 2017 – la liturgia era andata appiattendosi troppo sullo «Zeitgeist», sullo «spirito del tempo», e così facendo si era andato perdendo «il senso del sacro. Abbiamo penalmente trascurato la catechesi dei sacramenti e cancellato senza sostituzione i segni esteriori di timore reverenziale».
LA FESTA DELLA FEDE
Una degli aspetti che König viveva come problematici era essenzialmente la mutazione della celebrazione eucaristica nell’ottica di una “festa”, cosa che si evince, afferma, «nella crescente importanza delle parole di benvenuto e di addio e nella ricerca di elementi con valore di intrattenimento. L’effetto intrattenimento diventa il metro di una celebrazione liturgica “riuscita”, che dipende quindi dalla “creatività”».
In questo spaesamento, a salvarlo sono stati gli scritti dell’allora cardinale Ratzinger, e in particolare il testo Das Fest des Glaubens (La festa della Fede). In questo scritto emerge innanzitutto il carattere sacrificale della Santa Messa, laddove l’Eucarestia «è costata la morte di Cristo, e la gioia che promette presuppone l’ingresso in questo mistero di morte». Un dato dal quale il futuro papa Benedetto XVI faceva desumere altri due aspetti propri della liturgia: da una parte, il suo carattere adorante: «Cristo è morto pregando; ha posto il suo sì al padre più in alto dell’opportunità e così è arrivato alla croce»; dall’altra, il suo valore universale: «La comunità non diventa comunità attraverso l’interazione, ma piuttosto perché riceve se stessa dal tutto e si restituisce al tutto».
LACRIME DI COMMOZIONE E GIOIA
Queste considerazioni trovano un riscontro palpabile, concreto nella vita di tanti santi che, rimandano le testimonianze, celebravano la Santa Messa in lacrime, consapevoli del sacrificio del Signore e grati per questo immenso dono d’amore. Traducendo tutto questo in parole, San Tommaso affermava che: «Tanto vale la Celebrazione della Santa Messa, quanto vale la Morte di Gesù in Croce». Accanto a lui, il santo Curato d’Ars diceva: «Se conoscessimo il valore del Santo Sacrificio della Messa, quanto maggiore zelo porremmo per ascoltarla!». Ancora, padre Pio non aveva titubanze nell’affermare: «Sarebbe più facile che la Terra si reggesse senza Sole, anziché senza la Santa Messa». Frasi edificanti, tra le molte che si potrebbero scegliere, che rimandano una visione precisa di cosa avviene, durante ogni celebrazione eucaristica, sull’altare.
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