Nicolas Diat, giornalista francese, autore di due best seller con il cardinale Robert Sarah, ha dato alle stampe per le edizioni Fayard di Parigi un libro sul senso della fine, Un temps pour mourir : derniers jours de la vie des moines (Un tempo per morire: gli ultimi giorni della vita dei monaci). E’ un’inchiesta condotta per monasteri per capire come muoiono i monaci. Alcuni hanno paura della morte, altri la aspettano come l’incontro, quello che dà senso a tutta le cose. La morte è la grande rivelatrice, davanti a lei non si può imborgliare. Ecco alcuni estratti (traduzione nostra):
«Oggi la liturgia della morte non esiste più. Mentre le paure e le ansie non sono mai state così forti. Gli uomini non sanno più morire.
In questo mondo desolato, ho avuto l’idea di intraprendere la strada dei grandi monasteri per scoprire ciò che i monaci devono raccontarci della morte. Dietro le mura dei recinti, trascorrono le loro vite pregando e pensando ai fini ultimi».
A la Grande-Chartreuse
«Dom Innocent mi ha detto con il suo solito umorismo che la vita sarebbe stata un disastro se non sapessimo che la morte sarebbe arrivata per noi un giorno. Come farebbero gli uomini a rimanere indefinitamente in questa valle di lacrime?
Siamo nati per incontrare Dio. I vecchi certosini gli chiedono di non tardare. La morte è la fine della scuola. Dopo, arriva il paradiso. Un monaco ha dato la sua vita a Dio, e non l’ha mai incontrato. È normale per lui essere impaziente di vederlo. Come nei poemi di Teresa d’Avila e Giovanni della Croce, i certosini muoiono per non morire. Con nostro grande dispiacere, lo Spirito Santo non ha fretta di venirci a prendere. Nel nostro Ordine, purificazioni e grandi prove non sono comuni. Negli ultimi mesi, Cristo ha già assunto i nostri vecchi monaci. Il corpo logoro ritorna sulla terra, ma deve attendere la gloria della sua risurrezione. Non sappiamo ancora cosa sia veramente il nostro corpo, la sua bellezza, la sua gloria e la sua luce. Il più bello, di gran lunga, è ancora davanti a noi». (fonte)
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