La scuola è ormai incominciata in diversi Stati. E con essa si sono hanno anche già cominciato a manifestarsi le prime criticità. Tra queste, un episodio degno di nota è quello che ha visto coinvolti i genitori e gli studenti afferenti al sistema scolastico pubblico della California per via del “Ethnic Studies Model Curriculum”, in gran parte elaborato dall’insegnante e studioso in materia R. Tolteka Cuauhtin.
Il programma di “studi etnici”, di per sé facoltativo per i singoli istituti scolastici ma nei fatti largamente adottato, interessa potenzialmente 6 milioni di studenti, suddivisi in circa 10.000 scuole pubbliche del Golden State.
Ma che cosa prevede di così eclatante, da aver fatto muovere anche sul piano legale numerosi genitori, la Californians for Equal Rights Foundation e finanche singoli contribuenti? In sintesi, secondo quanto riporta il Christian Post, l’“Ethnic Studies Model Curriculum” «promuove inequivocabilmente divinità azteche attraverso il canto ripetitivo e l’affermazione dei loro principi simbolici», rivolgendosi a esse non in maniera vaga bensì utilizzando sia i loro nomi, sia i loro titoli tradizionali. Inoltre, pare su influsso proprio del già citato Tolteka Cuauhtin, nel materiale proposto alle classi si presentano i cristiani, in particolare europei, «come la fonte del male cui resistere e da rovesciare»: rovesciare magari con un «controgenocidio», come ha commentato il giornalista investigativo Christopher Rufo sul City-Journal qualche mese fa. Il motivo è presto detto: i cristiani europei sarebbero «colpevoli di “teocidio” contro le tribù indigene, dell’uccisione delle loro divinità e della loro sostituzione con la fede cristiana».
Il materiale in esame è dunque molto scottante e controverso e, in vista dell’avvio del nuovo anno scolastico, i genitori e altre persone sensibili al tema avevano cercato di dare concreta voce alle proprie perplessità inviando il 26 agosto una lettera al sovrintendente statale della pubblica istruzione, nella quale si chiedeva la rimozione delle “preghiere” azteche e di quanto annesso dai curricola degli studenti californiani. La lettera è tuttavia rimasta senza risposta. Da qui, quindi, la decisione di questi giorni portata avanti dallo Studio legale senza scopo di lucro “Thomas More Society” di Chigaco – che ha quale propria missionquella di difendere la vita, i diritti familiari e la libertà religiosa – di intentare una causa contro il Dipartimento dell’Istruzione della California presso la Corte Suprema degli Stati Uniti.
«I nostri clienti», ha affermato Paul Jonna, partner di LiMandri & Jonna LLP e Thomas More Society Special Counsel, «hanno un’obiezione sia religiosa che civica alla preghiera azteca, e non vogliono che i loro figli la cantino, vengano invitati o spinti a farlo, o rischino l’ostracismo se si rifiutano». E questo anche alla luce del fatto che spesso tali preghiere erano accompagnate da sacrifici umani e «cerimonie ripugnanti».
Inoltre, secondo Frank Xu, presidente della Californians for Equal Rights Foundation, citato anche dal Tagespost, un’altra criticità non secondaria è rappresentata dal fatto che, approvando e promuovendo gli “Ethnic Studies Model Curriculum”, lo Stato dimostra «una preferenza illegittima per una determinata pratica religiosa», minando così «il diritto alla pari educazione».
Gli esiti di questa vicenda sono ancora tutti da scrivere e, ad oggi, del tutto imprevedibili, ma essa ha il pregio di rimettere al centro una questione fondamentale: i genitori hanno un ruolo imprescindibile nel vigilare su quanto viene insegnato a scuola ai loro figli. Ruolo da concepire sia come un diritto da esercitare nel rispetto dei propri valori di riferimento, ma anche – e sempre più! – come un dovere di responsabilità nei confronti dei propri figli.
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