In queste settimane, rispetto al Coronavirus, si è sentito tutto e il contrario di tutto, con esperti a vario titolo – virologi, epidemiologici, medici, rianimatori, sociologi, economisti, psicologi, pedagogisti e via di questo passo – hanno espresso su vari canali d’informazione la propria opinione, spesso contraddicendosi l’uno con l’altro e attaccandosi a suon di numeri ed “evidenze scientifiche”, se non quando lanciandosi epiteti a distanza. Ed ecco quindi che la gente si è trovata a leggere o ascoltare personaggi quali Walter Ricciardi, Roberto Burioni, Ilaria Capua, Giulio Tarro, Ayyadurai Shiva, Luc Montagnier, Stefano Montanari e molti altri che, alternativamente, si sono spesi per allarmare sulla pericolosità del Covid-19 o per minimizzarne la portata, o nel dire quali comportamenti tenere e quali evitare, o nel farsi fautori del lockdown o promotori di un ritorno alla normalità, o a sostengono l’importanza del vaccino o illustrandone l’inefficacia…
Senza entrare qui nel merito delle diverse posizioni, un dato risulta evidente: gli “esperti” e la “scienza” non possono essere presi a infallibile parametro della realtà, pena il fatto di cadere intrappolati in una visione fideistica nei confronti della scienza o, anche, l’abbandonarsi a una sorta di “scientocrazia”.
IL PENSIERO DI G. K. CHESTERTON SUGLI ESPERTI E LA SCIENZA
A questo proposito, risulta interessante quanto riportato da Chuck Chalberg rispetto al pensiero di G.K. Chesterton su questa tematica: lo scrittore, infatti, riteneva che gli esperti potrebbero essere «brava gente da avere a portata di mano se una biblioteca avesse bisogno di essere catalogata o un sistema solare fosse lì lì per essere scoperto, o forse anche se un virus dovesse essere rintracciato. Mentre per la maggior parte delle questioni di questa vita terrena, ha «molto più senso aderire al principio sotteso al sistema giuridico con una giuria. Questo perché le questioni di colpa o innocenza sono troppo importanti per essere lasciate agli esperti». Insomma, accanto ai giudici, ossia agli esperti, è bene che collabori una giuria composta da persone terze, anche se necessariamente meno competenti sul piano prettamente tecnico. Il che, detto in altri termini, significa che «la competenza scientifica, presunta, pubblicizzata o attuale, non dovrebbe mai costituire la fine della storia».
Naturalmente, questo non significa negare l’importanza della scienza, che ha portato l’uomo a scoperte incredibili e ha migliorato nettamente le condizioni di vita, e ancora lo farà in futuro. Tuttavia, sostiene ancora Chesterton, la scienza in sé è solamente «uno strumento o un giocattolo»: all’uomo spetta il compito di governarla, senza subirla passivamente. E questo anche alla luce del fatto che, sottolineava preoccupato lo scrittore inglese, nel momento in cui l’uomo rinuncia alla propria autorità in favore della scienza, si apre uno scenario per cui diventa questo strumento a «dettare ciò che dovrebbe essere fatto politicamente e socialmente, perché potrebbe essere fatto scientificamente».
NEL MONDO, MA NON DEL MONDO
In aggiunta a quando rilevato fin qui, in ottica di fede vanno tenuti in considerazione (almeno) altri due aspetti. Innanzitutto, la constatazione che la pandemia del Coronavirus ha rimesso a tema da un lato l’inevitabilità della morte corporea e dall’altra l’importanza di coltivare la vita eterna.
E, in secondo luogo, il fatto che la scienza non può essere compresa appieno e in tutta la sua portata se non si tiene conto che dietro a ogni legge di natura c’è qualcuno che l’ha creata… c’è un (il) Creatore.
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