Omicidio volontario e aggravato, occultamento di cadavere. Sono questi i capi di imputazione cui dovrà rispondere Alessandro Impagnatiello, trentenne reo confesso dell’uccisione, avvenuta la sera di sabato scorso, di Giulia Tramontano, 29 anni incinta al settimo mese di gravidanza. Per gli inquirenti il delitto potrebbe essere premeditato, lo spiegano illustrando le ricerche che l’uomo aveva fatto su internet poco prima di togliere la vita alla fidanzata, tanto che il Pm Alessia Manegazzo ha spiegato che Impagnatiello aveva già anche deciso come disfarsi del corpo. Circostanza questa che potrebbe aggravare la sua posizione. Ma c’è un altro capo d’imputazione di cui dovrà rispondere il barman di Sesto San Giovanni ossia l’interruzione di gravidanza non consensuale.
Un’espressione che più di un capo d’accusa appare come un cortocircuito giuridico, ma anche logico. Nessuna interruzione di gravidanza è consensuale, dal momento che la vittima, il bimbo nel grembo della mamma, non può esprimere alcun consenso. Ma se anche fosse consenziente, l’omicidio del consenziente è punito dall’articolo 579 del Codice penale con la reclusione da sei a quindici anni. Nel caso di cronaca di cui si discute da giorni, però, l’articolo chiamato in causa è un altro, il 593 che dice così: “Chiunque cagiona l’interruzione della gravidanza senza il consenso della donna è punito con la reclusione da quattro a otto anni. Si considera come non prestato il consenso estorto con violenza o minaccia ovvero carpito con l’inganno”. Per il nostro ordinamento giuridico la vita tolta al piccolo Thiago, questo il nome già deciso dalla mamma, si configura così. E qui sta il cortocircuito perché l’atto di togliere la vita ad un bambino è esattamente un omicidio, basta rifarsi all’etimologia del termine, che arriva dal latino homicidium, comp. di homo «uomo» e -cidium «-cidio» ossia, dice la Treccani, “il delitto di chi sopprima una o più vite”. E qui di vite ne sono state soppresse due, quindi il capo di imputazione dovrebbe essere duplice omicidio, perché quello era un bambino.
Ma c’è un’altra vita che è stata tolta, ed è quella del bimbo che aspettava la collega di Alessandro Impagnatiello, concepito in una relazione parallela iniziata un anno fa con la ragazza italo inglese che il barman aveva conosciuto proprio sul posto di lavoro, la ventitreenne che per prima si è accorta della doppia vita dell’uomo, e che aveva offerto protezione a Giulia proprio la sera in cui è stata uccisa dopo uno scambio tra le due donne che con orrore le aveva rese coscienti di tutto. Anche lei qualche mese fa era rimasta incinta, dello stesso uomo, ma secondo quanto ripotato dai giornali “di comune accordo” avrebbero deciso di abortire. Pratica legale certo, ma nei fatti si tratta sempre di una vita tolta, pratica che la Treccani definisce appunto omicidio. Certo, se fosse illegale sarebbe certamente un omicidio “in concorso” visto il numero delle persone coinvolte in questo caso. Ma di certo anche questo bambino non ha espresso alcun consenso, ed è una vittima. Di un tradimento. Magari iniziato nel modo più banale, un incontro sul lavoro, due parole, la confidenza di chi trascorre molte ore a contatto, la menzogna di un uomo che omette di essere fidanzato e di essere padre di un bambino che sarebbe dovuto nascere ad agosto.
Poi c’è anche un terzo bambino vittima. E’ il primo figlio di Alessandro Impagnatiello, avuto da una relazione ancora precedente, ha otto anni e da oggi ha un padre in carcere, inoltre non avrà mai la possibilità di conoscere i suoi due fratellini. Il tutto perché Alessandro Impagnatiello “voleva sentirsi libero”, prima da un figlio, poi dalla fidanzata, ma soprattutto voleva sentirsi libero di comportarsi come un adolescente viziato che fa semplicemente quello che gli pare in base a “quello che sente”.
Il male è banale.
(Fonte foto: Facebook).
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