Il giudice canadese Robert Fowler ha sentenziato che tre adulti, una donna (la madre biologica) e due uomini (di cui uno è il padre) che vivono con lei, sono tutti e tre genitori legali di un bambino nato nel 2017 e che sta crescendo in un contesto di “poliamore”, come oggi lo chiamano i moderni. La decisione del caso Re C.C. è stata assunta due mesi fa, come scrive l’esperta legale Laurie Pawlitza sul Financial Post, ed è la prima di questo tipo in Canada, anche se assomiglia da vicino a una sentenza del 2007 riguardante il riconoscimento della doppia maternità legale di una coppia lesbica. Cose che i comuni mortali non possiamo capire. Fowler, giudice della Corte Suprema di Terranova e Labrador (“Sezione famiglia”, si badi bene), scrive che l’unione dei tre, iniziata nel giugno 2015, è “stabile” e “nessuno dei partner in questa relazione è sposato e, mentre l’identità della madre è certa, il padre biologico del bambino è sconosciuto”. Già, ma visto che per smantellare la famiglia ci ripetono spesso che siamo nel 2018, eccetera, non hanno pensato a un banalissimo test di paternità?
No, a quanto pare, il test di paternità ai tre “poliamorosi” non è mai interessato e perciò si erano presentati all’anagrafe per avere il triplice riconoscimento genitoriale, che gli era stato negato dagli impiegati con la più ovvia delle motivazioni: le norme consentono di registrare sul certificato di nascita solo due genitori. Da qui il ricorso alla giustizia, che è sfociato nelle rocambolesche considerazioni di Fowler: “Il bambino, A., è nato in quella che si ritiene essere una stabile e amorevole relazione familiare che, sebbene fuori dal modello di famiglia tradizionale, fornisce un ambiente sicuro e formativo”. La formazione consisterebbe nel non dire al bambino chi è suo padre e insegnargli che tutto è lecito? Continua il giudice: “Non trovo nulla per screditare quella relazione sotto l’aspetto del miglior interesse del bambino”.
Il “miglior interesse” del bambino, per giustificare i suoi “tre genitori”, era proprio il termine che mancava: sull’altra sponda dell’Atlantico, nel Regno Unito, lo hanno usato negli ultimi mesi per uccidere almeno tre bambini disabili (Charlie, Isaiah, Alfie) e il giudice canadese dà un’ulteriore conferma che è stata creata una neolingua luciferina per rendere accettabile tutto il male possibile, con parole apparentemente normali ma interpretate in modo distorto (il “miglior interesse” è codificato pure all’articolo 3 della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia). Ancora l’acrobatico Fowler: “Negare a questo bambino la doppia discendenza paterna non sarebbe nel suo miglior interesse. Deve essere ricordato che ciò riguarda il miglior interesse del bambino e non il miglior interesse dei genitori”. Perentorio.
Insomma, il giudice rottama mamma e papà con delle argomentazioni che dal punto di vista pubblicitario non fanno una grinza: due è meglio di uno, tre è meglio di due… E perché non quattro-cinque-sei-sette “genitori”? Se si ragiona come il giudice Fowler e i tre ricorrenti, anteponendo il desiderio soggettivo al diritto naturale (oggettivo), è chiaro che l’arbitrio potrà continuare all’infinito, in Canada come altrove, Italia compresa, dove, per limitarci a un paio di esempi, già il parlamentare Carlo Martelli (eletto con l’M5S, oggi nel Gruppo Misto) aveva esaltato i “poliamori” nel dibattito sulle unioni civili e la madrina della stessa legge, Monica Cirinnà, rispondendo a precisa domanda nel corso di un incontro pubblico, ha detto che un bambino non ha diritto a un papà e una mamma, definendo madre e padre uno “stereotipo” e un “pregiudizio”. E come dimenticare i recenti attacchi al neo ministro Lorenzo Fontana, massacrato da media e politici di centrosinistra per aver ricordato che la famiglia si fonda sull’unione tra un uomo e una donna?
Se tutto è lecito, se si rifiuta di accettare che il matrimonio è solo tra un uomo e una donna, è chiaro che a cascata si rifiuterà di accettare qualsiasi limite naturale. Perciò, tornando al caso canadese, la vicepresidente di Real Women, Gwen Landolt, interpellata da Life Site News, ha commentato giustamente che la decisione di Fowler “non è fondata sul buonsenso, né sulla comprensione della natura umana, né su ciò che è necessario a un bambino”. E il giudice Fowler sa che non solo è andato contro il buonsenso e il diritto di quel bambino, bensì contro la stessa legge. È proprio lui ad ammetterlo nella sentenza: “Non c’è dubbio che la legislazione in questa provincia non ha affrontato la circostanza di una relazione familiare poliamorosa come quella di fronte a questa Corte, e che ciò che è contemplato dal Children’s Law Act è che ci sono un maschio e una femmina ad agire nel ruolo di genitori di un bambino”. Appunto. Ma siccome la legge non prevedeva ciò che il giudice aveva già deciso di stabilire, ci ha pensato lui a sostituirsi al legislatore, creando un precedente che apre la strada a nuovi abusi, su altri bambini.
I giudici creativi, in fondo, sono anche simpatici. Hanno di bello che se ne inventano una dopo l’altra, infischiandosene delle leggi che dovrebbero applicare e per le quali sono pagati dai contribuenti (precisazione: la categoria dei creativi sorvola solo sulle leggi giuste, mentre quelle sbagliate le applica eccome), eppure sono allo stesso tempo incredibilmente prevedibili. Se una lobby chiede originalità, tipo i “tre genitori” di questo caso (solo in Québec e Ontario, informa la Pawlitza, ci sono 36 organizzazioni che sostengono il “poliamore” e altre 22 sono nella Columbia Britannica) o coloro che spingono perché diventi cosa normale scegliere le caratteristiche di un bambino su Internet e affittare un utero per nove mesi, loro provvedono. Creativi anti-Creatore. Ma anche per loro vale l’ammonimento divino: “Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare” (Mt 18, 6).
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