È opportuno riprendere alla mano l’esortazione apostolica post-sinodale dal messaggio profetico di san Giovanni Paolo II, Ecclesia in Europa del 28 giugno 2003. Il Papa polacco ebbe la lungimiranza di rivolgersi alle istituzioni europee per promuovere, tra le altre cose, una libertà religiosa in Europa ribadendo l’importanza di garantire la reciprocità «nei Paesi di diversa tradizione religiosa, nei quali i cristiani sono una minoranza». Ricca di contenuti rischia di essere tralasciata per la sua lunghezza, tentiamo dunque un riassunto che possa però essere esauriente – la si trova disponibile integralmente nel sito del Vaticano.
Vent’anni fa, papa Giovanni Paolo II già intravedeva serpeggiare in quell’Europa «ampiamente e profondamente penetrata dal cristianesimo» un’«apostasia silenziosa» e l’avanzare di una nuova antropologia «senza Dio e senza Cristo», che è alla radice della grande confusione e dello spaesamento dell’uomo del terzo millennio. «Il tempo che stiamo vivendo appare come una stagione di smarrimento. […] È smarrimento della memoria e dell’eredità cristiane, accompagnato da una sorta di agnosticismo pratico e di indifferentismo religioso, per cui molti europei danno l’impressione di vivere senza retroterra spirituale e come degli eredi che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato dalla storia. Non meravigliano più di tanto, perciò, i tentativi di dare un volto all’Europa escludendone la eredità religiosa e, in particolare, la profonda anima cristiana, fondando i diritti dei popoli che la compongono senza innestarli nel tronco irrorato dalla linfa vitale del cristianesimo».
Era percepibile agli occhi del Santo l’incalzare di una «cultura della morte», che oggi ha trovato ampio spazio in tutti gli ordinamenti con aborto ed eutanasia sempre più sdoganati: «Siamo di fronte all’emergere di una nuova cultura, in larga parte influenzata dai mass media, dalle caratteristiche e dai contenuti spesso in contrasto con il Vangelo e con la dignità della persona umana. Di tale cultura fa parte anche un sempre più diffuso agnosticismo religioso, connesso con un più profondo relativismo morale e giuridico, che affonda le sue radici nello smarrimento della verità dell’uomo come fondamento dei diritti inalienabili di ciascuno. I segni del venir meno della speranza talvolta si manifestano attraverso forme preoccupanti di ciò che si può chiamare una “cultura di morte”». Di fronte a questo scenario, realtà del nostro presente, avvisa di stare alla larga da «speranze artificiali»: «Spesso chi ha bisogno di speranza crede di poter trovar pace in realtà effimere e fragili. E così la speranza, ristretta in un ambito intramondano chiuso alla trascendenza, viene identificata, ad esempio, nel paradiso promesso dalla scienza e dalla tecnica, o in forme varie di messianismo, nella felicità di natura edonistica procurata dal consumismo o quella immaginaria e artificiale prodotta dalle sostanze stupefacenti, in alcune forme di millenarismo, nel fascino delle filosofie orientali, nella ricerca di forme di spiritualità esoteriche, nelle diverse correnti del New Age». Appare poi così attuale riportare la limpidezza con cui questa esortazione confermi «il valore dell’indissolubilità matrimoniale» laddove si eleva la pretesa – all’epoca il Papa aveva utilizzato il termine «tentativi», ma ci pare oggi più opportuno il verbo “pretendere” – di legittimare «modelli di coppia dove la differenza sessuale non risulta essenziale».
Il cristiano di oggi diventa così testimone dell’unica salvezza possibile per l’Europa: «La Chiesa ha da offrire all’Europa il bene più prezioso, che nessun altro può darle: è la fede in Gesù Cristo […]. Sì, dopo venti secoli, la Chiesa si presenta all’inizio del terzo millennio con il medesimo annuncio di sempre, che costituisce il suo unico tesoro: Gesù Cristo è il Signore; in Lui, e in nessun altro, c’è salvezza ( At 4, 12)». Per questa ragione ogni cristiano oggi è chiamato a mettere in atto una «nuova evangelizzazione», a non «disperdere questo prezioso patrimonio» e ad «aiutare l’Europa a costruire se stessa rivitalizzando le radici cristiane che l’hanno originata». Si appella alla Chiesa in Europa affinché sappia «ritrovare l’entusiasmo dell’annuncio. […] L’annuncio di Gesù, che è il Vangelo della speranza, sia il tuo vanto e la tua ragion d’essere!» seguendo l’ardore missionario di santi come Pietro e Paolo. Segnalando che in molte parti d’Europa è il «primo annuncio» a essere necessario, considerato l’aumento dei non battezzati, posto il fatto che «tanti europei contemporanei pensano di sapere che cos’è il cristianesimo, ma non lo conoscono realmente. […] Molti battezzati vivono come se Cristo non esistesse».
Anche se tutto questo può spaventare il cristiano in ogni ambito della sua vita, san Giovanni Paolo II, facendo sua l’esortazione delle Scritture a non avere mai paura, conclude: «Europa del terzo millennio “non lasciarti cadere le braccia!” (Sof 3, 16); non cedere allo scoraggiamento, non rassegnarti a modi di pensare e di vivere che non hanno futuro, perché non poggiano sulla salda certezza della Parola di Dio! Riprendendo questo invito alla speranza, ancora oggi ripeto a te, Europa […]: Ritorna te stessa, sii te stessa, riscopri le tue origini, ravviva le tue radici. Nel corso dei secoli, hai ricevuto il tesoro della fede cristiana. […] Ma questa eredità non appartiene soltanto al passato; essa è un progetto per l’avvenire da trasmettere alle generazioni future, poiché è la matrice della vita delle persone e dei popoli che hanno forgiato insieme il Continente europeo. Non temere! Il Vangelo non è contro di te, ma è a tuo favore. […] Abbi fiducia! Nel Vangelo, che è Gesù, troverai la speranza solida e duratura a cui aspiri. È una speranza fondata sulla vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Questa vittoria Egli ha voluto che sia tua per la tua salvezza e la tua gioia». (Fonte foto: Bing, licenza libera)
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