Giovanni Lindo Ferretti, il noto cantante oramai quasi settantenne che nel 1982 ha fondato i Cccp – Fedeli alla linea e che è considerato quale “padre” del punk italiano, negli ultimi anni si è ritirato a una vita quasi eremitica nel suo paesello natale Cerreto Alpi, in provincia di Reggio Emilia. Qui Ferretti ha ripreso contatto con la tradizione, anche con quella cattolica, maturando una conversione della quale non fa mistero, anzi. Perché, se c’è una cosa che il frontman dei Cccp non ha smesso di fare, è quella di dilettarsi con le parole: non solo continuando a metterle, seppur saltuariamente, in musica, ma soprattutto mettendole su carta.
Come nel caso del suo ultimo libro, in uscita domani, che arriva un po’ a sorpresa quasi in coda a questo complicato 2022 e che mette, fin dal titolo, con una puntualità fuori dal tempo e un acume che guarda avanti pur nel suo guardando indietro, i puntini sulle “i”: Óra – difendi conserva prega (Aliberti Compagnia Editoriale). Un testo che, più che un libro, è un diario: poche pagine, un centinaio, che risuonano quasi come una condivisione intima, dove l’Autore va al centro del nocciolo della vita di un cristiano: la preghiera. Anzi, le sue preghiere, quelle che recita abitualmente, con il latino a fare da melodia, come gli è stato insegnato nell’infanzia, nel periodo pre-Conciliare.
La preghiera oggi, nella vita di Ferretti, è un atto consapevole, che abbraccia la tradizione bimillenaria della Chiesa e che si ancóra sulla certezza che sono poche le cose cui oggigiorno è doveroso fare affidamento, in un mondo che si muove «tra vacuità e tornaconti da poco». Tuttavia, guardando soprattutto le sue canzoni passate, anche quelle apparentemente più lontane, l’Autore non può non riconoscere come nella sua vita l’anelito ad alzare gli occhi e il pensiero verso l’alto, non sia mai mancato.
Il trittico del sottotitolo è di Pier Paolo Pasolini: difendi, conserva, prega. E quel prega «è un imperativo assoluto, va fatto. Ortoprassi prima di Ortodossia. Nella mia vita prima del perché si prega c’è stato il come si prega, l’ho imparato secondo un canone, appartengo ad una tradizione religiosa. Ne ringrazio Dio».
Ecco, quindi, che nel suo libro Ferretti non inventa, di per sé nulla di originale. La sua quotidianità è scandita tra Ave Maria, Requiem aeternam, Pater noster, Gloria, recita del Santo Rosario… Era così per i suoi antenati, è così per lui, in questo mondo occidentale oggi così secolarizzato ma pur sempre culla della cristianità: «Ho imparato a pregare, ho smesso, ho ricominciato», scrive nel suo libro. E le preghiere che riporta si alternano al racconto di episodi della sua vita, per esempio con il Rosario che è stato, «negli anni della vecchiaia e malattia di mia madre, la nostra ancora di salvezza». Certo, dice Ferretti, a un certo punto «ho smesso» di pregare da un giorno all’altro, a partire dall’adolescenza, e questa, ricorda, «mi è parsa una conquista di libertà». Sono gli anni in cui il “lasciare la casa e la famiglia” diventa l’assoluto morale. Poi sono arrivate la musica, le idee del mondo, il successo, le notti “alternative”… in un mix esplosivo, per il corpo sì, ma anche per l’anima.
Eppure, ognuno ne fa esperienza, prima o poi tutti sentono l’esigenza di tornare a casa. E tornare a casa per Ferretti è anche significato tornare alla preghiera, alla fede del suo io bambino: «Non so quando ho ricominciato a pregare», scrive. «L’ho fatto così, perché mi si allargava il cuore e che altro potevo fare? A ragionarci su ho cominciato molto più tardi di quando mi sono reso conto che, pur a intermittenza, la preghiera era tornata nella mia vita». Era tornata, per radicarsi sempre più e diventare un imprescindibile del vivere.
Óra, Giovanni Lindo Ferretti. Come può, certo, come tutti. E ora ha sentito il desiderio di pubblicare questo libro perché le preghiere contenute, quelle di sempre, «mi sono state tramandate e sento il bisogno di tramandarle con i mezzi di cui dispongo». Nella speranza che qualcuno leggendole, com’è successo a lui, possa decidere di fare “ritorno a casa”, di impostare il proprio navigatore verso la Patria celeste.
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