da «Unione Cristiani
Cattolici Razionali»
E’ curioso come pochi sappiano che l’evento madre da cui è nata l’ideologia laicista nella società europea, cioè la Rivoluzione francese, nei dieci anni della sua durata ha registrato una media di quasi 200 morti al giorno.
Lo ha fatto presente Vito Mancuso qualche tempo fa ironizzando -perfino lui che è editorialista del quotidiano che più incarna l’ideologia illuminista-, sul fantomatico motto liberté, égalité fraternité. Per gran parte della società europea la Rivoluzione francese è sinonimo di liberazione, di faro di civiltà, di progresso. Ma si tratta di un’opera di disinformazione nata paradossalmente proprio dai libri di storia, sopratutto in Francia è impossibile raccontare qualcosa di diverso.
Ci ha provato lo storico Reynald Secher, membro dell’Académie de recherche, specializzato nella guerra di Vandea. Il suo libro, Le génocide franco-français: la Vendée-Vengé (Presses universitaires de France 1986), divenuto bestseller, ha scatenato un polverone mediatico e un enorme successo popolare. Con prefazione degli storici Jean Meyer e Pierre Chaunu, ha ampliato la sua ricerca per la tesi di dottorato alla Sorbona di Parigi, dimostrando che la repressione attuata in Vandea da parte dei rivoluzionari corrisponde ad un vero e proprio genocidio di un popolo cattolico, che non volle piegarsi alla dittatura anticlericale.
Intervistato recentemente, Secher ha raccontato: «ho subito una reazione apertamente ostile perché il principio della Rivoluzione non deve essere macchiato. Dire che le conseguenze sono state per me molto difficili è un eufemismo: ho dovuto rinunciare alla mia cattedra e non ho più potuto insegnare in università. Gli attacchi sono stati estremamente violenti, addirittura mio nonno è stata accusato di essere stato una collaboratore durante la Seconda guerra mondiale, quando tutti tutti sanno che era un noto membro della Resistenza». Ancora oggi lo storico francese è bandito dai convegni.
«Contrariamente a quanto si è sempre voluto credere», ha proseguito Secher, «quello che è successo in Vandea non è stata una gaffe causata da iniziative locali, ma il risultato di ordini emessi dal più alto livello statale. Nel 2011 ho dimostrato che dietro a tutto c’era il Comitato centrale della sanità pubblica». Età del Terrore la si chiama, dove la ghigliottina era l’unica alternativa alla sudditanza. Il genocidio vandeano è solamente uno degli eventi più noti e tragici: «l’obiettivo è stato sterminare tutti gli abitanti e radere al suolo le loro proprietà, a partire dalle donne e dai bambini, “futuri briganti”».
Ma il negazionismo sul genocidio vandeano ha vita breve anche grazie all’opera di un altro storico, Alberto Bárcena, professore di Storia all’Università CEU San Pablo. Egli ha confermato che a fondamento dell’odio dei rivoluzionari per i vandeani era la religione da loro praticata, il cattolicesimo. Dal febbraio 1790, infatti, vennero soppressi tutti gli ordini religiosi e oltre 4000 parrocchie, chiusi i conventi che non avevano fine caritativo e avvenne l’esproprio forzato dei beni della Chiesa. Tutti i membri del clero divennero funzionari pubblici, senza legame con il Papa, i sacerdoti che si rifiutarono di giurare fedeltà alla Rivoluzione dovevano essere perseguitati e sacrificati.
Pochi giorni fa un altro libro ha chiesto il riconoscimento ufficiale del genocidio, l’autore è il diplomatico e avvocato francese Jacques Villemain, che ha a sua volta raccontato la distruzione sistematica da parte delle autorità della Rivoluzione francese verso gli abitanti cattolici della Vandea. Nel 2009 a Le Mans è stata rinvenuta una fossa comune [vedi foto] con corpi dei vandeani mutilati e massacrati.
«Il secolo dei lumi, l’età d’oro dell’illuminismo, terminò con un massacro», ha scritto lo storico tedesco Michael Hesemann. «Nel nome della gloriosa rivoluzione francese, che portava sui suoi stendardi il motto: “libertà, uguaglianza e fraternità”, nel giro di un anno furono uccise più persone di quante erano morte nella crociata contro i catari, nei “secoli bui” del Medioevo, e di quante erano state le vittime dell’Inquisizione nei suoi cinquecento anni di storia in Europa. Questi morti furono uomini e donne che facevano parte della Chiesa: vescovi e preti, monaci e suore. Il loro unico “crimine” fu la fedeltà alla loro fede» (M. Hesemann, Contro la Chiesa, San Paolo 2009, p. 276-279).