Spigolature di genderfollia: da un vescovo coraggioso a una nota marca di shampoo caduta nel politicamente corretto passando per un apprendista stregone. In Argentina c’è un prelato che paga il prezzo di dire la verità. E’ Hector Aguer (foto), arcivescovo emerito de La Plata che già in passato si era espresso contro la teoria gender. Ebbene, in un articolo pubblicato su Infocatolica se l’è presa con la cultura odierna che «nega la realtà di natura». Aguer, che ha una striscia periodica sul portale Infocatolica, ha detto che nel suo ribellarsi demoniaco alla creazione e alla bipolarità di maschio e femmina, il gender è un’ideologia che altera la realtà umana. E ha proseguito: «La sostituzione del “sesso” per il “genere” si è fatta corrente nel linguaggio soprattutto per influsso di un giornalismo ignorante e ideologizzato».
Qualche esempio? Aguer ha preso di mira – con una dose di coraggio davvero sconosciuta alle nostre latitudini – un programma argentino chiamato Los Angeles de la mañana ribattezzato da lui el demonio de la mañana. Si tratta di un programma “gossipparo” di pettegolezzo delle star tv e che è incline all’omosessualismo: «Questo la dice lunga sul livello culturale che abbiamo raggiunto» ha detto Aguer.
Che coraggio. Ve lo immaginate un vescovo che se la prende – facendo nome e cognome – con la spazzatura televisiva a cui siamo abituati in Italia? Il vescovo ha ricevuto in cambio una stilettata del conduttore citato che si è chiesto lapidariamente: «perché non ha parlato di preti pedofili». Della serie: se non riesci a controbattere, attacca. Qualche cosa resterà. E qualcosa è restato dato che Aguer si è guadagnato paginate di articoli dei maggiori quotidiani del Paese che lo hanno attaccato per le sue posizioni retrograde.
Restando in tema di coraggio va segnalato il coraggio di Cristopher Dummitt, professore associato di Storia che insegna alla Trent University, in Canada. Dummitt è il teorizzatore della teoria gender che sostiene che il genere sessuale è in realtà un costrutto sociale collegato al potere e non ha nulla a che vedere con il dato biologico. Ebbene: dopo dieci anni dall’articolo che lo rese famoso ha ammesso di aver sostenuto indebitamente questa teoria all’interno dei gender studies. In pratica non li ha negati, ma ammesso di non avere con sé prove sufficienti. Nel frattempo, però, ha preso atto che la situazione gli è scappata di mano: «Adesso la mia grande idea è dappertutto. Emerge soprattutto nei discorsi sui diritti dei transessuali. Si è iniziata a tramutare in leggi che essenzialmente minacciano ripercussioni per chiunque possa accennare al fatto che il sesso possa essere una realtà biologica». Ricordate l’apprendista stregone della Disney? Topolino che prende la bacchetta magica di mago Merlino e combina un ’48 in cucina? Ecco, più o meno deve sentirsi così.
Chiudiamo la spigolatura con uno spot di una nota marca di shampoo. Con la campagna hairhasnogender (i capelli non hanno genere) la Panten, dopo illustri altri marchi si butta sulla gender theory. Dai commenti su Youtube gli utenti non sembrano averla presa bene dato che l’epiteto più gentile è quello di non comprare più tali prodotti. In molte parti d’Italia si dice fare uno shampoo, in luogo di prendersi una lavata di capo. Sembra il caso della Panten che ha ricevuto una vera e propria lavata di capo da alcuni suoi clienti che ora minacciano il boicottaggio. Non sappiamo se i capelli abbiano o no gender, però è evidente che così come ogni nostro capello è contato, direbbe Gesù, ogni capello conserva il nostro Dna. E nel Dna qualche cosa sul sesso biologico dovrebbe pur esserci…
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