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Fuori dal coro. Il suffragio con distinguo di Suetta per la Murgia
NEWS 16 Agosto 2023    di Raffaella Frullone

Fuori dal coro. Il suffragio con distinguo di Suetta per la Murgia

Il video messaggio di Monsignor Antonio Suetta arriva in una delle Cartoline dello Spirito che da poco il vescovo sta pubblicando sul sito della diocesi di Ventimiglia Sanremo. Una riflessione di meno di dieci minuti, uno dei pochi commenti controcorrente rispetto al rito collettivo della  «canonizzazione laica della “teologa”» Michela Murgia, morta il 10 agosto scorso per un carcinoma al rene al quarto stadio. Dopo aver premesso di non voler mettere in discussione la persona di Michela, bensì le prese di posizioni pubbliche della Murgia, il vescovo spiega di non volersi accodare ad «un coro pressoché unanime di approvazione perché le sue esternazioni e le sue convinzioni corrispondono al pensiero oggi dominante» cosa che «non è possibile e nemmeno conveniente fare dal punto di vista cristiano perché la fede cristiana e la dottrina cattolica hanno una visione differente».

Visione ben sintetizzata nell’ultima intervista di Michela Murgia, una lunga conversazione con il direttore di Vanity Fair, Simone Marchetti, un video lungo più di un’ora in cui la scrittrice, attivista e femminista, ripercorre la sua vita, a partire dalla sua infanzia e arrivando fino agli ultimi tempi, quelli in cui ha fatto testamento, consapevole che il tempo che aveva di fronte era contato, «come quello di tutti noi, ma forse il mio è un po’ più breve», una sorta di bilancio relazionale, professionale, politico in cui esplicita chiaramente molte convinzioni che negli ultimi anni sono state al centro delle battaglie che ha combattuto. Elenchiamo alcune delle affermazioni contenute nel video: «la Bibbia, la gabbia più strutturata e duratura di tutte, può essere smontata e rimontata in modo liberatorio», «il problema è togliere aggettivi al termine famiglia, e declinarla finalmente al plurale, basta dire famiglia tradizionale, la famiglia tradizionale non esiste», «tutte le famiglie che si fondano sui legami di sangue sono famiglie di natura patriarcale, perché gioca lo ius sanguinis. L’idea della famiglia queer è di fondare le relazioni sullo ius voluntatis, cioè chiedere i diritti del sangue, senza il sangue, perché la volontà deve contare meno del sangue?», «siamo sicuri di non aver applicato attraverso la famiglia tradizionale qualcosa di invivibile alle persone?», «chi lo ha detto che i genitori devono essere due?».

Descrive la sua “famiglia queer” composta da dieci persone di cui quattro “figli”, non di sangue ma di “anima” e «ciascuno di loro si crede figlio unico rispetto a me», spiega che «i ruoli ce li siamo scambiati di volta in volta in base a quello che serviva, gli affetti sono immutati, i ruoli ruotano, nella famiglia tradizionale questo non avviene perché è il sangue che determina i ruoli, il padre è padre sempre e a volte questo determina un ergastolo, sia per il padre che per i figli». E poi ancora: «le relazioni queer sono sempre relazioni di soglia, cioè la queerness è la pratica della soglia. Questa cosa per me ha un fondamento teologico, c’è un passaggio in cui Gesù parla con gli apostoli, sta descrivendo un gregge di pecore e dice “c’è lo spazio dell’ovile che è uno spazio sicuro e lì state al riparo e il lupo non vi ruba e il ladro non viene perché c’è un recinto, ma se volete magiare dovete uscire, andare nel prato lì c’è l’acqua, lì c’è l’erba, però correte dei rischi, essere mangiati da un animale predatore o essere rubato da un malintenzionato” e lui ad un certo punto dice “Io sono la porta delle pecore”, non dice io sono il pastore, che è una cosa, dice “sono la porta”, cioè sono due spazi vitali e mortali insieme, se tu non esci mai, non mangi mai, e muori di fame, se tu esci troppo, sei troppo esposto e alla fine ti mangerà il lupo, “io sono la soglia” cioè questo attraversamento permette che tu viva e ti salvi, non è uno spazio, è un’attitudine essere soglia. Quindi sì, la nostra è una famiglia da cui è possibile entrare e uscire continuamente a seconda dei pericoli che corri e dei bisogni che hai». Infine sulla Chiesa dice: «sono riuscita a perdonare alla Chiesa il fatto di non essere all’altezza della Parola di Dio, soprattutto in relazione alle donne, deve fare ancora passi da gigante, ma io posso starci dentro e fare in modo che quei passi possano andare più veloci». Forse il punto è tutto qui, e basta google per capire in quali ambiti i passi andrebbero compiuti secondo la scrittrice, da sempre sostenitrice dell’autodeterminazione declinata in termini di contraccezione, aborto ed eutanasia.

Ma oltre al suo pensiero c’è il pensiero di chi, ricorda Mons. Suetta, ha parlato al suo funerale: «molte persone mi hanno comunicato la loro sofferenza alla quale unisco anche la mia, per il fatto che al termine della celebrazione delle esequie, quindi ancora in un contesto liturgico o per lo meno nel contesto di un luogo sacro è stata data la parola a persone che esprimo convinzioni, pensieri e convincimenti difformi dalla Dottrina cattolica e lo hanno fatto in modo anche a mio parere in modo sguaiato, suscitando una serie di applausi quasi come un tifo da stadio o un atteggiamento da festa che mi pare davvero improprio, sia nella circostanza delle esequie sia nel contesto di un luogo sacro». Poi ha aggiunto: «Molte volte, a proposito alla scrittrice, sono state fatte osservazioni più o meno condivisibili che mi verrebbe da chiamare mezze verità. Cioè, si afferma qualcosa che in parte è vero e in parte no. Però le mezze verità generano molta confusione, perché non sono sufficienti a mettere in evidenza il bene, che c’è nella vita di ogni persona, ma spesso suscitano confusione e fatica nel rintracciare i punti fermi della nostra fede. E allora talvolta le mezze verità risultano essere dei veri e propri errori».

Si può forse dargli torto?

(Foto: screen shot youtube)

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